Dalle tasse alle pensioni, ecco le ricette di Berlusconi

Dalle tasse alle pensioni, ecco le ricette di Berlusconi
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Abbattere il principio della servitù fiscale e rendere i contribuenti finalmente uomini liberi. Era questo l’obiettivo di Silvio Berlusconi che si concretizzò particolarmente durante il suo secondo e il suo terzo governo tra il 2001 e il 2006. Le imposte furono abbassate di circa 14 miliardi attraverso una rimodulazione dell’Irpef che avvantaggiava tutti gli scaglioni di reddito, dai più bassi (attraverso un ampliamento della no tax area e all’aumento delle detrazioni per figli a carico) ai più alti. Lo stesso principio fu applicato all’ambito imprenditoriale con la revisione al ribasso dell’Irpeg (attuale Ire) e con una parziale esclusione dell’ambito applicativo dell’Irap. La riforma fiscale, che presto entrerà nel vivo in Parlamento, è figlia di questo approccio ideologico. Non si possono, infine, trascurare alcuni capisaldi dei governi Berlusconi: le leggi Tremonti con la detassazione degli utili d’impresa reinvestiti in tecnologia e formazione, l’abolizione dell’Ici sulla prima casa e l’introduzione della cedolare secca sulle locazioni residenziali.
Alcune norme sono sopravvissute, altre no a causa del furore iconoclasta della sinistra.
È il caso della riforma delle pensioni approvata nel 2004 (legge Maroni) e che avrebbe dovuto entrare in vigore nel 2008. Avrebbe legato età pensionabile, anzianità contributiva e aspettativa di vita (con verifiche periodiche) partendo da 65 annidi età (60 per le donne) oppure 40 di contributi. Se il governo Prodi non l’avesse abolita (e se il Berlusconi IV l’avesse reintrodotta), la situazione dei conti pubblici oggi sarebbe migliore. Non si può, inoltre, trascurare l’aumento delle pensioni minime a un milione di vecchie lire, una rivalutazione generosa a testimonianza dell’attenzione di Berlusconi ai problemi della terza età.
Una politica «progressista» è stata portata avanti anche in tema di lavoro: la legge Biagi ruotava attorno alla flessibilità e alla necessaria formazione dei lavoratori le cui competenze avrebbero dovuto essere certificate di volta in volta. Anche in questo caso, la passione della sinistra per la sclerotizzazione dei contratti ha di fatto rallentato il funzionamento del sistema (basti pensare alla guerriglia contro il più blando Jobs Act di Renzi).

E oggi, dopo anni persi a cercare di far funzionare il reddito di cittadinanza grillino, si deve ripartire da zero con gli strumento del nuovo decreto Lavoro che, alla fine, è un aggiornamento di quegli stessi principi.
Ultimo ma non meno importante: Berlusconi aveva reinserito il nucleare nel piano energetico nazionale.

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