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De Pasquale batte Ilda. È sua la prima rivincita

Dopo decenni di accanimento giudiziario della Procura milanese il pm del processo Mediaset incassa una condanna definitiva per il Cav. L'esito incerto del caso Ruby

De Pasquale batte Ilda. È sua la prima rivincita

Milano - Il traguardo lo ha tagliato per primo lui. Fabio De Pasquale, 56 anni, messinese, in magistratura dal 1984. De Pasquale nel suo curriculum di pubblico ministero aveva già un record quasi identico: era stato il primo a ottenere una condanna definitiva per Bettino Craxi, che aveva incriminato e fatto processare per corruzione nell'affare Eni-Sai. Vent'anni dopo, anche Silvio Berlusconi perde per la prima volta il suo status di incensurato: e anche stavolta la firma sull'inchiesta è di De Pasquale. All'epoca di Mani Pulite, De Pasquale era il volto semisconosciuto della Procura milanese: mentre Di Pietro andava in mondovisione alla caccia del tesoro di Tangentopoli, De Pasquale (che con Di Pietro non andava affatto d'accordo) scavava in silenzio su una arida e complicata storia di assicurazioni e appalti che portò prima all'arresto di Gabriele Cagliari, il presidente dell'Eni che si tolse la vita a San Vittore, e poi alla condanna che trasformò il leader socialista in latitante. Eppure se allora De Pasquale avesse preso il tram a Milano non lo avrebbe riconosciuto nessuno.

Oggi come allora - ammesso che una vicenda così drammaticamente seria possa essere raccontata come una competizione sportiva: ma un certo spirito agonistico fa parte dell'essere umano, pm compresi - De Pasquale batte sul filo di lana il volto più celebre della Procura milanese. Se la caccia a Craxi aveva per l'Italia il ceffo contadino di Antonio Di Pietro, le indagini su Berlusconi hanno indubbiamente i capelli rossi di Ilda Boccassini. A indagare su Berlusconi la dottoressa ha iniziato ancora prima di De Pasquale. Ma mentre le indagini di Ilda su Sme e Mondadori andavano a sbattere contro una sfilza di assoluzioni e prescrizioni, il baffuto pm messinese si consumava l'esistenza, lontano dai media, nelle udienze dei tanti processi scaturiti tirando il filo di una vecchia rogatoria sulle società offshore del «comparto B», il settore riservato della Fininvest. Rogatoria su rogatoria, una perizia contabile dopo l'altra. Alle udienze del processo per i diritti tv le telecamere non ci andavano perché la materia era così complessa da essere sostanzialmente inspiegabile al pubblico. Ma ognuna di quelle udienze ha permesso di costruire il castello della condanna.

Altra cosa, mediaticamente parlando, del processo Ruby: mentre nell'aula del processo di De Pasquale si parlava di ammortamenti e di fatture gonfiate, Ilda Boccassini faceva sfilare schiere di Olgettine in fiore cui venivano rivolte domande in grado di far arrossire signore anche più navigate. Certo, il processo per il caso Ruby ha portato in primo grado ad una condanna del Cavaliere ben più severa di quella che oggi la Cassazione rende definitiva: di qui un anno, di là sette; di qua tre anni (o quel che sarà) di interdizione dai pubblici uffici, di là interdizione perpetua. Ma quella che De Pasquale incassa oggi è una vittoria definitiva. Mentre prima che la Boccassini possa dire di avere avuto ragione, il processo Ruby deve passare ancora sotto le forche dell'Appello e della Cassazione. Rese più agevoli (il caso Corona insegna) dalla rottura dell'argine avvenuta oggi. Ma comunque dall'esito incerto.

Così, a godersi il primato resta De Pasquale. Che ieri, a rimarcare una sorta di distacco dal destino della vicenda, era tranquillamente al mare nella sua città d'origine. D'altronde anche i detrattori danno atto al pm messinese di bilanciare una certa presunzione di fondo nella certezza delle proprie ragioni con una laicità culturale, una assenza di furori ideologici. Se Ilda Boccassini ha calato nell'esordio della sua requisitoria giudizi più morali che giudiziari sulla società dello spettacolo, invece negli interventi in aula di De Pasquale si cercherebbero invano voli di questo tipo. De Pasquale non ha fatto interviste, non viaggia sotto scorta, non è mai stato un attivista delle correnti sindacali. Quando si ritiene offeso da un articolo toglie il saluto o querela. Ma senza fare proclami.
La differenza tra i due è, alla fine, che De Pasquale - che pure sulle indagini contro Craxi e Berlusconi ha investito buona parte della sua carriera di pm - non ha mai dato l'impressione di voler salvare il mondo dal male. A De Pasquale, Berlusconi non sta umanamente simpatico: e lo si è visto chiaramente quando si sono incrociati in aula e il pm ha reagito gelidamente alle battute del suo imputato («Ah, lei è quello cattivo!»), ma le abitudini sessuali dell'ex capo del governo non sembrano averlo mai incuriosito più di tanto. Certo, magari arriverà anche la condanna definitiva per il caso Ruby.

Ma il record di oggi, a De Pasquale non lo toglie più nessuno.

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