Il decalogo per salvarsi da Napoli Stessi vizi, stesse regole da anni

Il decalogo per salvarsi da Napoli Stessi vizi, stesse regole da anni

Vabbè, non sono cose belle da dire in pubblico, ma non è la prima volta. É un tormentone spacciato ogni volta come nuovo, non si sa bene se a fin di bene o per mala tempora. «Fate attenzione a Napoli» avvertiva quattro mesi fa il Consolato Britannico, Sos rilanciato paro paro dal Manchester City sul sito ufficiale quasi parlasse di Al Capone in persona. «State alla larga dalla Forcella e dal Centro Storico, evitate di indossare fuori dallo stadio maglie o sciarpe del City, soprattutto sui trasporti pubblici. Camminate sempre in gruppo». Un manuale di sopravvivenza degno di Fiammetta Cicogna. Forcella se l’era presa e aveva proposto tour guidati tra Spaccanapoli e il corso Umberto I. Mancini si era scusato, il console pure. Rewind. Arriva la Coppa America e spunta un report. Il solito. Spedito dall’ambasciata Usa in Italia a tutti gli americani in transito. Uno: non guidate in città e nel caso attenti agli incidenti, ci sono famiglie intere di testimoni falsi pronti a darvi torto anche quando avete ragione. Due: occhio al portafoglio, nei borseggi di solito sono in tre, uno distrae il turista gli altri due gli fregano il portafoglio e lo fanno sparire. Tre: prendete il taxi, ma fate attenzione che facciano partire il tassametro appena salite a bordo. Quattro: negli autobus della città invece non fidatevi delle donne, sono armate di coltello, non vi fanno la pelle a meno che non sia quella della borsetta. Esagerazioni, pregiudizi, i soliti sospetti. Ma soprattutto roba vecchia.
Più o meno lo stesso vademecum l’avevano buttato giù quelli del «Don», Detenuti Organizzati Napoletani, ma redenti, la cui filiale Scippatori Dissociati aveva avvisato così il turista fai da te: «Vestire in maniera sobria, rifiutare abiti vistosi, usare giacche o giubbotti con le tasche chiuse con solide cerniere lampo, evitare gli orologi costosi ma ancor di più quelli falsi che indispettiscono lo scippatore». E occhio: «Turisti, girate per Napoli in gruppetti di due o tre persone. Non camminate da soli, ma evitate i gruppi troppo numerosi. Lo scippatore è come il leone che punta alle gazzelle, se nel branco ce ne sono troppe e distratte l'una dall'altra, ha tutto il tempo per selezionare la preda. E azzannarla». Travestito da «comportamenti prudenziali da adottare» arrivò più o meno in contemporanea anche il decalogo del prefetto Andrea De Martino: «A tutti sarà raccomandato di togliere i gioielli e di fare attenzione ai venditori di merci contraffatte e ai cambiavalute: i turisti faranno bene a togliersi gioielli e orologi importanti, tipo Rolex». E le istituzioni pubbliche? Tanto per dirne uno l’assessore al Turismo della Regione Campania, Marco Di Lello, ne voleva uno pure lui «per avvertire i turisti di non indossare a Napoli orologi e oggetti preziosi». Fu però bloccato dalla Confapi, ci rovina l’immagine, rischia di innescare un gioco al ribasso per l’economia della città.
Pure i francesi, la bellezza di ventidue anni fa, spedivano in giro, vergate dal console Michel Doucin in persona, quattro pagine identiche su come sfuggire alla Malanapoli: «Se vestite eleganti lo fate a vostro rischio e pericolo. Niente borsa a mano. Lasciate la macchina nel parcheggio dell'albergo. Prendete i taxi, ma fate mettere al guidatore il tassametro.

Non portate gioielli, usate vecchi orologi». La difesa? La stessa di inglesi e americani: era una cosa riservata, mica volevamo offendere. Uguali alla gag di Paolantoni: noi non siamo razzisti, sono loro che sono napoletani...

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