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"Col “Taglia-spese” gli enti locali pagheranno in ritardo"

Il giudice di Napoli Antonio Lepre: "Provvedimento sbagliato, non punisce chi è responsabile e mette sempre più all'angolo i creditori"

"Col “Taglia-spese” gli enti locali pagheranno in ritardo"

Roma Il decreto «Taglia-spese» varato una settimana fa dal governo? Dispensa nuove risorse agli enti locali in crisi economica per ripianare i conti, rafforza la burocrazia, rende più difficoltoso il pagamento dei debiti alle imprese, aumenta il potere degli stessi amministratori responsabili del dissesto e i rischi di corruzione connessi. Insomma, non risolve ma aggrava i problemi. Ne è sicuro Antonio Lepre, giudice al tribunale di Napoli, esperto del settore, presidente del Centro studi Omnium judicio e autore di uno studio che sarà presto pubblicato da Giuffré sui crediti contro lo Stato e gli enti locali:«Arricchimento ingiustificato ed esecuzione forzata contro la P.A e gli Enti Locali».

Perché vede così nero?

«In qualsiasi organizzazione chi ha determinato un fallimento o non ha saputo rimediare alla crisi economica, viene messo da parte e non certo riceve altri soldi. Invece, il piano quinquennale di rientro finanziario prevede che sindaco e organi comunali e provinciali non siano estromessi, come previsto dalle norme sul cosiddetto dissesto. Conservano potere amministrativo ed economico, pur dovendo rispettare una serie di paletti, anche se hanno provocato il fallimento. In sostanza, il decreto legge evita agli amministratori colpevoli la sanzione più pesante, cioè che il sindaco sia relegato a gestire l'ordinario e un commissario autonomo gestisca i soldi per pagare i creditori. E questo è solo il primo degli effetti negativi».

Qual è il secondo?

«La procedura è lunga e tortuosa con la creazione di una sottocommissione per valutare il piano. Addirittura, il decreto legge prevede la nomina di organismi di controllo sulle società partecipate, cioè altre nomine, altro potere clientelare, altri gettoni da pagare, altri soldi che se ne vanno. Nel frattempo, sono sospese le azioni esecutive dei creditori! Che, se alla fine ne verranno a capo, saranno costretti a fidarsi proprio degli amministratori che non hanno dato buona prova di sé».

Vuol dire che gli imprenditori e in genere i creditori avranno più difficoltà di prima a riscuotere ciò che gli è dovuto?

«Proprio così, perché viene svuotato di significato uno dei pochi istituti che li tutela, quello del dissesto, e si introduce un'ennesima ipotesi di sospensione delle azioni esecutive che poi è la sospensione del diritto alla difesa garantito dalla Costituzione. Per evitare la dichiarazione di dissesto è infatti possibile chiedere l'ammissione a questo piano di rientro».

Possibile che alla Pubblica amministrazione sia concesso ciò che è giustamente negato al cittadino, cioè di non pagare i debiti?

«Il decreto 174 conferma, purtroppo, l'orientamento trentennale del legislatore, che ha svuotato la solenne affermazione fatta nel 1981 dalla Consulta: “Debitore privato e pubblico devono considerarsi uguali e non è costituzionale creare uno status privilegiato alla P.A. debitrice”. Da allora il legislatore, invece di responsabilizzare le amministrazioni, ha creato leggi e leggine per rimandare i pagamenti».

Questa volta c'è la dilazione trentennale del pagamento dei debiti. Quali saranno gli effetti?

«I debiti aumenteranno sempre più e il virus si sta già diffondendo in tutte le amministrazioni pubbliche. Ormai, hanno la certezza della “impunità civile”: sanno che molto difficilmente saranno costrette a pagare. Così sale il potere di ricatto e di condizionamento verso i creditori, che si trovano in una condizione da ancient regime. Il loro pagamento non è garantito dalla legge, ma dalla semplice volontà-arbitrio del debitore pubblico».

Eppure, sono previste sanzioni severe per gli amministratori.

«Sulla carta, ma la condizione è dimostrare in una lunga causa che c'è stata colpa grave».

Che rapporto c'è tra questa legge e la corruzione?

«Dove c'è arbitrio della Pa c'è corruzione e concussione, la cui fonte è in un eccesso di organismi pubblici e di complesse procedure, quindi nello stato di soggezione del creditore di fronte all'amministrazione. Consentire al settore pubblico di non pagare determina fenomeni di corruzione».

Serve il ddl anti-corruzione?

«Ha un valore simbolico importante, malgrado i difetti tecnici evidenziati dai penalisti.

Ma certo non interviene sulle cause della corruzione. Un legislatore che continua a rafforzare la burocrazia e a consentire alla Pa di non pagare, pone le premesse perché, anzi, il fenomeno aumenti. Tali norme sono destinate al fallimento».

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