«La democrazia di Casaleggio è tutta un bluff»

La teologia del web. Un inno alla democrazia elettronica che però è sconfessato dalla realtà. Alessandro Amadori, sondaggista e direttore di Coesis Ricerche, è tranchant: «Un conto è il voto elettronico, altra cosa è la democrazia del web e quella, spiace dirlo, non funziona». Insomma, lo studioso boccia su tutta la linea la chilometrica intervista che Gianroberto Casaleggio, il guru del Movimento 5 stelle, ha concesso alla Lettura, il supplemento domenicale del Corriere della sera. Casaleggio vola sulla rete, come su un tappeto magico, e profetizza dall'alto della sua rivoluzione: «La democrazia diretta, resa possibile dalla Rete, non è relativa soltanto alle consultazioni popolari, ma ad una nuova centralità del cittadino nella società. Le organizzazioni politiche e sociali attuali saranno destrutturate, alcune scompariranno. La democrazia rappresentativa, per dire, perderà significato».
E invece no. Per Amadori le cose non stanno così: «Basta vedere le Quirinarie, lanciate da Grillo per l'elezione del nuovo presidente della repubblica, o il voto con cui è stata decretata l'espulsione dal Movimento della senatrice Adele Gambaro, per capire che la democrazia diretta è un'illusione. È una nicchia di piccoli numeri ed è in qualche modo il luogo privilegiato di alcune élite che hanno il tempo, le energie, le capacità per stare al passo con la Rete. Ma la vecchia democrazia rappresentativa è insostituibile e riguarda milioni di persone. Il rapporto è di dieci milioni a diecimila, mille a uno, e la forbice non diminuisce nelle zone del Paese in cui c'è la banda larga e il ritardo tecnologico è stato colmato».
Dunque, il web è uno straordinario strumento di conoscenza, e può essere un acceleratore dei processi di formazione della coscienza democratica, ma la democrazia, almeno secondo Amadori, è un'altra cosa: «La democrazia ha bisogno della piazza, ha bisogno delle urne, ha bisogno di riti, di relazioni, di rapporti, di fisicità».
E la Rete? «Può andare bene per lanciare un appello o una protesta o come modalità di espressione in certe situazioni». Quelle chi non conoscono filtri e in cui prevale l'emozione.
Ma la democrazia all'antica, quella in cui contano il gesto, il corteo, la parola, la prova di coraggio, sembra guadagnare punti anche in questi giorni, con le manifestazioni che squassano Brasile e Turchia. «La rete - riprende Amadori - può servire come passaparola, ha una sua funzione pedagogica, ma poi rimanda alle forme e ai luoghi della democrazia tradizionale». Semmai, i movimenti che oggi catturano l'opinione pubblica mondiale hanno una caratteristica che pare mutuata dalla rete: l'assenza di leadership. Che poi è un altro tratto decantato da Casaleggio: «I movimenti di democrazia diretta - spiega l'alter ego di Beppe Grillo - rifiutano il concetto di leader. Occupy Wall Street, per esempio, ha coniato per se stesso il neologismo leaderless, senza leader». Un punto affascinante ma anche ambiguo, un intreccio che può essere sciolto in modo pericoloso: «È vero - aggiunge Amadori - che nei movimenti contemporanei c'è un certo spontaneismo. Ma chi gestisce la Rete dispone di un potere immenso e quel potere può essere la porta girevole che ci conduce verso la dittatura o qualcosa di quel genere».

L'esatto contrario di quell'ebbrezza da trasparenza assoluta che il web trasmette ad un primo contatto. «Attenzione - è la conclusione di Amadori - il web può essere il cappio al collo della nostra cara, vecchia democrazia».

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