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Il dibattito alle Camere fa slittare il via alla Ru486

Un’ennesima battuta d’arresto si abbatte sulla contestatissima pillola abortiva. Doveva essere distribuita già a settembre negli ospedali italiani, invece i tempi si allungano. La maggioranza vuole vederci chiaro e capire i rischi che la sua assunzione comporta sulla salute delle donne. Così sarà avviata a stretto giro di posta un’indagine conoscitiva in Parlamento per controllare cosa succede nei ventisei ospedali italiani dove concretamente centinaia di donne hanno già usato la Ru486 sia pure in modo sperimentale.
Ieri è stato Maurizio Gasparri ad annunciare l’avvio dell’inchiesta. E la sua dichiarazione ha sollevato le ire dell’opposizione. «L’indagine conoscitiva sugli effetti della pillola abortiva Ru486 si farà – ha detto chiaro e tondo il capogruppo del Pdl in Senato -. In commissione Sanità del Senato sentiremo tecnici ed esperti in modo da farci un’idea sugli effetti della pillola e poi per capire se rispetta quanto prevede la legge 194 sull’aborto. Il nodo della questione è capire come verrà assunta la pillola».
Immediata e lapidaria la critica di Livia Turco del Pd. «La campagna della maggioranza contro questo farmaco – ha dichiarato - è indegna e inaccettabile». Uno sdegno non condiviso da Romano Colozzi, membro del Cda dell’Aifa che invita invece i suoi colleghi a sospendere l’approvazione della delibera sulla pillola in attesa di «entrare in possesso dei dati conoscitivi dell’inchiesta».
Colozzi è stato l’unico che si era opposto all’approvazione, il 30 luglio scorso, alla commercializzazione del farmaco. Troppi i dubbi legati alla sua assunzione. Il problema operativo è legato a come e dove somministrare la pillola abortiva. Per far rientrare l’aborto farmacologico nella legge 194, infatti, la donna dovrebbe assumere la pillola abortiva e quella per l’espulsione del feto esclusivamente in ospedale. Molte donne, invece, potrebbero facilmente aggirare l’ostacolo formale: assumono la pillola in ospedale e poi firmano per tornarsene a casa. Rischiando emorragie e complicazioni che un aborto chirurgico non aveva mai provocato. Da qui la necessità di redigere una delibera sull’assunzione del farmaco molto dettagliata. Il compito spetta al Cda dell’Aifa che dovrebbe occuparsene a settembre. Un impegno che potrebbe essere congelato se gli altri componenti del Cda seguissero il parere di Romano Colozzi che ritiene «evidenti molti punti di contrasto tra la Ru486 e la 194». L’assessore lombardo invita i «colleghi del Cda dell’Aifa che si sono già espressi favorevolmente sull’immissione in commercio della pillola, dal momento che la delibera deve essere ancora stilata, a sospendere questa formale approvazione per poter entrare in possesso dei dati conoscitivi dell’inchiesta».
Il dibattito è rovente. Ma per l’indagine, plaude il sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella, che aveva denunciato 29 casi di morti sospette causate dalla pillola abortiva. «Quell’indagine è giusta e opportuna» dice sostenuta anche dal commento del teologo don Marco Doldi, per il Sir, l’agenzia di stampa dei vescovi, secondo cui la richiesta appare, «urgente e motivata».
Al dibattito parlamentare, si affiancano le iniziative parallele. Una petizione on line per la richiesta del ritiro della Ru486, innanzitutto, indirizzata al ministro Sacconi con adesioni raccolte tra il popolo del web.

E su Facebook, assicura Nicola Di Stefano, presidente di Famiglia e valori, l’iniziativa sta ottenendo grande successo.

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