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La Dna silura il processo sulla trattativa Stato-mafia: «È preoccupante»

Un passaggio della relazione annuale bacchetta il dibattimento sul patto coi mafiosi che vede alla sbarra insieme boss, investigatori e politici. Il pm Di Matteo: «È un intervento a gamba tesa». Il procuratore nazionale antimafia Roberti minimizza: «Nessuna polemica con la Dda di Palermo»

Il siluro è arrivato da dove meno la Procura di Palermo se l'aspettava. Da una struttura amica qual è la Direzione nazionale antimafia, guidata sino a poco più di un anno fa dal suo ex procuratore capo, Piero Grasso, ora presidente del Senato. Da un magistrato, Maurizio De Lucia, che negli anni '90 ha lavorato proprio nell'avamposto Palermo, come pm titolare di delicate inchieste antimafia. E invece, mentre infuria la polemica sulle basi giuridiche su cui si fonda il processo in corso a Palermo sulla trattativa Stato-mafia, a causa del saggio a quattro mani di un giurista, Giovanni Fiandaca, e di uno storico, Salvatore Lupo, ecco che al dibattimento arriva un altro colpo: un passaggio della relazione annuale della Dna che definisce «preoccupante» il processo che vede insieme alla sbarra boss, vertici del Ros e politici accusati di aver trescato nel tentativo di fermare la stagione stragista del '92 e '93.
La relazione di De Lucia cita espressamente il processo sulla «cosiddetta» - così viene definita - trattativa Stato-mafia. La Dda di Palermo, si legge, «ha ritenuto di dover inquadrare alcune delle condotte da provare nei confronti di alcuni degli imputati nella fattispecie astratta di cui all'art. 338del codice penale (violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario, ndr), ponendo in tal modo nuovi problemi di natura giuridica e fattuale al giudice che dovrà decidere sulla corretta ricostruzione dei fatti operata nell'inchiesta». Non solo. Nello stesso passaggio della relazione si cita la sentenza che l'estate scorsa ha mandato assolto il generale Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu dall'accusa di favoreggiamento a Bernardo Provenzano. Sentenza che, nelle sue motivazioni, ha smentito la sussistenza di prove concrete sull'esistenza stessa della trattativa Stato-mafia. «Tale processo - sottolinea la relazione della Dna- presenta significativi momenti di collegamento sia probatorio che sostanziale con quello in argomento (quello sulla trattativa, ndr) e il suo esito non può non destare oggettivi motivi di preoccupazione in relazione all'impostazione del processo cosiddettatrattativa».
Un siluro, appunto. Che ha suscitato le ire dei pm che rappresentano l'accusa al processo sulla trattativa. A cominciare da Nino Di Matteo: «È l'ennesima entrata a gamba tesa - ha dichiarato il pubblico ministero - contro un processo che dà fastidio a tutti, non è la prima e purtroppo credo che non sarà neppure l'ultima. Mi chiedo cosa succederebbe se qualcuno di noi formulasse giudizi di merito di questo genere su processi in corso davanti a tribunali e corti d'assise diverse». Duro anche il pm Vittorio Teresi: «Mi chiedo che competenze abbia un semplice sostituto della Direzione nazionale antimafia a scrivere contro un processo ancora in corso di cui non conosce neppure le carte? È fuori da ogni logica».
Il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti respinge però al mittente le polemiche, e smentisce che dalla Dna siano arrivate critiche ai pm palermitani: «Nessun intento critico nei confronti della Procura di Palermo può e deve essere letto», precisa. E spiega che la Dna «senza volersi ingerire nelle scelte processuali, ha inteso soltanto evidenziare la complessità del processo - certamente di maggiore interesse attuale per l'opinione pubblica - in relazione alle inedite problematiche giuridiche e fattuali che esso presenta. Questa considerazione - ha sottolineato il procuratore nazionale antimafia - è avvalorata da quanto esplicitamente affermato in altra parte della Relazione riguardante il Distretto della Corte di Appello di Palermo, nella quale si afferma testualmente: "In questa sede non può non darsi atto delle considerevoli energie impiegate dalla Dda di Palermo, nel presente periodo, volte a ricostruire gli accadimenti della stagione 1992/1993 nel processo n. 11719/12 mod. 21 Dda, mediaticamente noto come trattativa stato mafia, attualmente giunto alla fase del dibattimento"». Il procuratore Roberti ricorda « che identiche valutazioni circa la complessità del pur doveroso processo "trattativa" erano già state segnalate nella Relazione dell'anno precedente». È ribadisce che «i rapporti tra la Dna e la Dda di Palermo sono improntati alla più stretta e leale collaborazione, nonchè alla stima ed alla solidarietà personale nei confronti dei colleghi particolarmente esposti».
Una smentita a tutto campo.

Che però difficilmente riuscirà a sedare le polemiche.

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