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E la Cassazione sbarra la porta: no alla ricusazione del giudice

Il verdetto Sfuma l'annullamento del processo La vicendaLa difesa aveva denunciato il "pregiudizio": la Guadagnino aveva già sanzionato il leader Pdl

Roma - La Cassazione dice ancora una volta no a Silvio Berlusconi.
Nessuna ricusazione del giudice Maria Teresa Guadagnino, uno dei tre componenti del collegio del tribunale di Milano che si è occupato del processo sull'intercettazione della conversazione tra Giovanni Consorte e Piero Fassino, pubblicata su Il Giornale. Quella in cui l'allora segretario dei Ds diceva al telefono all'ex numero uno di Unipol la famosa frase: «Abbiamo una banca?».
Per la difesa del Cavaliere la giudice in questione «soffre di un grave pregiudizio accusatorio» nei confronti dell'ex presidente del Consiglio. E questo sarebbe dimostrato dai giudizi espressi in passato «sulla personalità dell' imputato».
Gli avvocati Niccolò Ghedini e Pietro Longo sostenevano che già in primo grado la giudice avrebbe dimostrato una mancanza di imparzialità.
In particolare, ciò sarebbe evidente proprio nelle motivazioni di un'altra sentenza cui la Guadagnino ha lavorato come giudice, quella del processo sul caso Mediaset che ha portato alla condanna per frode fiscale a 4 anni di reclusione, di cui tre coperti da indulto, del leader del Pdl.
La sesta sezione della Suprema corte ha però respinto l'istanza e le speranze della difesa di Berlusconi sono cadute.
Secondo i legali, infatti, se invece ci fosse stato un accoglimento del ricorso questo avrebbe avuto l'effetto di annullare la sentenza di condanna di Berlusconi (di cui proprio ieri è diventata pubblica la motivazione, con tutte le polemiche connesse) a un anno di reclusione per il reato di concorso in rivelazione del segreto d'ufficio nel caso della scalata di Unipol a Bnl.
Il tentativo della difesa del Cavaliere è andato avanti dopo un primo stop che non prometteva nulla di buono. Infatti, l'istanza di ricusazione presentata l'8 novembre 2012 da Ghedini e Longo è stata bocciata nel giro di pochi giorni dalla corte d'Appello di Milano.
L'inammissibilità della richiesta veniva spiegata dai giudici di secondo grado con il fatto che la giudice Guadagnino aveva espresso il suo pensiero, con quelle frasi che le venivano contestate, «nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e non all'esterno».
Ma i legali dell'ex premier Berlusconi non si sono arresi e così si è arrivati alla Suprema Corte, dove gli avvocati hanno presentato il loro ricorso nel tentativo di ribaltare la prima pronuncia.
Che tirasse una brutta aria si è però capito subito, già dalla requisitoria scritta presentata ieri dal sostituto procuratore generale della Cassazione. Gabriele Mazzotta, infatti, diceva un no tondo tondo alla ricusazione, sollecitando una pronuncia di inammissibilità dell'istanza sulla Guadagnino e dunque condividendo la posizione già espressa dalla corte d'Appello milanese. Posizione condivisa dalla sesta sezione della Suprema corte, che ha messo una pietra tombale almeno su questo aspetto della vicenda.

Lo scorso 12 novembre la corte d'Appello aveva giudicato «inammissibile» la ricusazione. Di qui il ricorso in Cassazione


Il giudice Maria Teresa Guadagnino ha fatto parte del collegio del processo Mediaset che ha condannato Berlusconi

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