Chi se le fa a mano, chi con le classiche macchinette in plastica. Chi con filtro, chi senza filtro. I più evoluti si dotano di un attrezzo elettrico tascabile. L'obiettivo è lo stesso per tutti: restare schiavi del fumo ma liberarsi dalla schiavitù del pacchetto, dire addio alle multinazionali del tabacco, e smettere di arricchire lo Stato ad ogni tiro. Di fronte alla crisi economica e all'escalation dei prezzi delle sigarette, gli italiani (ri)scoprono la passione per «rollare». Una capacità manuale che nei secoli scorsi era una specie di arte (andatevi a rileggere le pagine quasi commosse che Francesco Guccini, nel suo «Dizionario delle cose perdute», dedica a chi raccoglieva per terra i mozziconi altrui, ne prelevava il tabacco e ne faceva altre sigarette, magari arrotolate nella carta di giornale, da fumarsi in proprio o persino da rivendere) ma negli ultimi decenni si era persa per strada: e i produttori di cartine sarebbero probabilmente falliti se a tenere a galla il mercato non avessero provveduto i consumatori di hashish e marijuana.
Ora, invece, è boom. Con le Marlboro arrivate al fantasmagorico prezzo di cinque euro al pacchetto, i consumatori - a parte Paperon de' Paperoni e i suoi colleghi di 730 - hanno dovuto affrontare una alternativa secca per limitare i danni al portafoglio: ridurre (o azzerare del tutto) il numero di sigarette, o limitare la spesa unitaria. I più saggi hanno scelto la prima strada. Gli altri, gli irriducibili, quelli che a fumare non hanno saputo o voluto rinunciare, si sono lanciati sulla nuova frontiera. E hanno iniziato a rollarsi le sigarette. Che fa pure un po' «vintage». Il fenomeno è sotto gli occhi di tutti, ed è confermato in modo clamoroso dalle statistiche. L'Amministrazione dei monopoli di Stato considera i dati sugli andamenti dei consumi una specie di segreto militare, e rifiuta di divulgarli. Ma la Federazione Italiana Tabaccai non si fa pregare. Ed ecco il responso: tra il 2009 e il 2011, in Italia il consumo annuo di sigarette è sceso di tre milioni e mezzo di chili (da 89 milioni a 85,5), anche se la spesa per sigarette è leggermente cresciuta per effetto dell'aumento dei prezzi (da 17,8 miliardi a 18,3 miliardi annui); nello stesso periodo è cresciuto addirittura del 50 per cento il consumo degli «altri prodotti», che sono passati da 3 a 4,5 milioni di chili, con una spesa passata dai 400 ai 640 milioni di euro. Un boom. É ben vero che al suo interno la dizione «altri prodotti» contiene anche i sigari e il tabacco da pipa, ma si tratta ormai di specialità di ultra-nicchia. A tirare la locomotiva è il tabacco da rollo. E intorno al boom è un fiorire di confraternite, siti Internet, gruppi Facebook, in cui si cantano le lodi delle sigaretta fai-da-te: che non solo costano meno («una sigaretta rollata costa mediamente 0,09 euro contro gli 0,20 della sigaretta confezionata», calcola il sito rollingtobacco.it), ma sarebbe anche più buona, più fresca, e farebbe persino meno male.
Rita ha 39 anni, fuma da vent'anni, è una delle convertite al nuovo rito, e conferma: «C'è meno condensa, si sente di più il sapore del tabacco». Dal punto di vista economico, spiega, è una rivoluzione: «Con un pacchetto da cinquanta grammi, che pago sette euro, vado avanti una settimana o anche di più. Perché la verità è che si fuma molto di meno, sparisce la sigaretta fumata nervosamente, quella tirata fuori dal pacchetto mentre cammini o mentre guidi. Rollare e poi fumare diventano il gesto di un momento di relax». Imparare, spiega, non è facilissimo: «Io avevo vaghe reminescenze di tecniche apprese ai tempi dell'università, quando era considerata una prassi alternativa. Non è facile, si badi.
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