Primo partito tra i colossi inglesi ma anche primo partito tra gli anti-europeisti a Strasburgo. Nigel Farage fa il pieno di successi e non nasconde di voler alzare la posta e puntare a Westminster, all'ingresso nel Parlamento britannico, per il quale si voterà tra meno di un anno. Un «esercito della gente» adesso marcerà verso il Parlamento di Londra, assicura trionfante, «vogliamo far entrare un buon numero di deputati».
Dopo la sbornia elettorale dell'altro ieri, quando i risultati delle europee hanno incoronato il suo United Kingdom Independence Party primo partito britannico con il 27,4% dei voti, davanti ai laburisti (25,4%) e dopo aver umiliato i conservatori (23,9%) a una terza posizione, Farage adesso è il «re» indiscusso degli europei anti-Europa. E terrorizza chi vede nella nuova ondata populista e xenofoba del Regno Unito una minaccia per il Paese e l'Europa.
Così l'ex premier britannico Tony Blair, dopo le congratulazioni al premier italiano Matteo Renzi, parla chiaro: «Dobbiamo essere preoccupati se un partito come l'Ukip arriva primo in una elezione europea, sarebbe sciocco non esserlo».
Farage ha umiliato i Conservatori al governo ma ha dato un grande stop anche ai laburisti che sognavano di approdare con largo successo in Europa e poi primeggiare alle prossime politiche. L'Ukip ha addirittura espugnato il feudo del leader laburista, Ed Miliband: il partito di Nigel Farage si è infatti imposto a Doncaster, circoscrizione elettorale del numero uno del Labour. Il partito euroscettico qui ha preso il 35% dei voti, contro il 34 per cento della principale forza di opposizione al governo di David Cameron.
Un terremoto che investe tutti. Non a caso il premier David Cameron ha fatto sapere «di aver capito» e insistito sulla possibilità di dar voce ai cittadini con un nuovo voto: «I britannici sono profondamente disillusi dall'Unione europea, il messaggio è stato recepito e i conservatori, se saranno eletti nelle prossime politiche, terranno un referendum sull'appartenenza nell'Ue».
Chi sembra invece non voler ascoltare il messaggio degli elettori è il leader del partito liberaldemocratico e vicepremier Nick Clegg, che ha deciso di non cedere alle pressioni di chi, all'interno del partito, chiede che lasci: «Non mi dimetto- dice alla Bbc-, la grande maggioranza dei liberaldemocratici non crede che dovremmo cedere adesso». Clegg esorta quindi a tenere i nervi saldi guardando anche lui al voto politico del 2015. Il partito liberaldemocratico è precipitato al quinto posto nelle europee, con un unico europarlamentare, rispetto agli 11 precedenti.
Ma l'onda anti-Europa è ormai contagiosa, specie a Londra e dintorni. Analisti e commentatori nel Regno Unito sono convinti che ora anche il partito laburista, per poter vincere le prossime elezioni, dovrà promettere il referendum «dentro o fuori dall'Ue». Le prime voci in tal senso si levano proprio dai parlamentari laburisti che stanno premendo sul leader Ed Miliband affinchè faccia sua la richiesta di una consultazione. Graham Stringer, parlamentare laburista per Blackley e Broughton, parlando alla Bbc è netto: «Se non diamo una risposta (alle richieste e al voto di protesta, ndr), e cioè non diamo alla gente un referendum, andiamo incontro a una ulteriore perdita di voti. Penso che dobbiamo aumentare la nostra offerta sull'Europa», ha proseguito il parlamentare, riferendosi alle critiche arrivate in queste ore al Labour relative a un suo disimpegno dai temi europei durante la campagna per questa tornata elettorale.
A offrire il suo punto di vista, sempre originale, sulle novità che arrivano da Londra è il sindaco della capitale Boris Johnson. La vittoria degli euroscettici alle elezioni europee è una «rivolta dei bifolchi», dice il primo cittadino nella rubrica che tiene sul Daily Telegraph.
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