Roma - Sono lontani i tempi di Stefano Draghi, genio dei numeri che, chiuso in una stanzetta di Botteghe oscure sfornava percentuali e anticipava i risultati delle elezioni. Lontanissimi anche i tempi delle mobilitazioni da milioni di persone.
Le primarie sono sì state un successo politico del centrosinistra, ma anche un mezzo fallimento organizzativo. Al netto dei ritardi borbonici nel comunicare i dati e delle contestazioni di Matteo Renzi, c'è il nodo dei votanti. La partecipazione alle primarie 2012 è stata inferiore a quella delle edizioni passate. Niente a che vedere con i gazebo del 2005 per scegliere il leader dell'Unione, ai quali si registrarono 4.307.130 elettori, banchieri inclusi.
Le due consultazioni successive, per i segretari del Pd, registrarono un'affluenza più o meno simile a quella di domenica, ma erano consultazioni interne al solo partito democratico.
Ieri pomeriggio sembrava che il dato fosse più o meno quello dell'era Prodi, sopra i quattro milioni, ma le cifre ufficiali si sono fermate a 3,2 milioni. C'è, insomma, almeno un milione di votanti che si è perso per strada. Simpatizzanti scoraggiati dalle regole troppo ingessate oppure elettori moderati infastiditi da un manifesto programmatico molto impegnativo se non sei un militante doc. Oppure dalle file, come quelle di Firenze.
A emergere con più chiarezza, ieri, è stata invece la debacle organizzativa. I dati ufficiali sono stati resi noti a quasi 24 ore dalla chiusura delle urne. Nella notte di domenica, si è interrotto il flusso di informazioni provenienti dai seggi del Sud e lunedì mattina sono usciti dei primi dati «ufficiosi», che non hanno convinto il sindaco di Firenze, poi confermati dai garanti intorno alle 18. Pier Luigi Bersani ottiene il 44,9 per cento con 1.393.900 voti; Matteo Renzi al 35,5 con 1.103.790. Vendola ha ottenuto 485.158 voti pari a 15,6 per cento, Laura Puppato 80.600 pari al 2,6 per cento, Bruno Tabacci 44.030 pari all'1,4 per cento. Il totale dei votanti è stato di 3.107.568 voti.
All'inizio i conti non tornavano ai renziani, ma poi si sono rassegnati a quasi dieci punti percentuali di distacco rispetto a Bersani. Resta la sensazione di una macchina inceppata. Alcuni presidenti di seggio sono andati a dormire domenica notte trasmettendo i dati solo ai comitati provinciali e non a quello nazionale. Questa la giustificazione. Un ritardo «preoccupante e imbarazzante», ha commentato Arturo Parisi, deputato Pd e politologo. Renzi, vorrebbe che fossero pubblicati online i verbali dei singoli seggi, ma dall'organizzazione è arrivato un secco no.
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