Vogliono bloccare l'Italia, mandare tutti a casa e «resettare» il Paese. Li chiamano Forconi, ma nel corso del tempo hanno raccolto simpatizzanti e attivisti a destra e a manca. Si dicono apolitici e apartitici, ma tra i tricolori che sventolano si sono viste anche bandiere di estrema destra o di estrema sinistra.
Nonostante la recente risonanza mediatica, tutto è nato a fine 2011, quando l'imprenditore agricolo Mariano Ferro, protestando contro le politiche del governo Monti che non sosteneva il settore disse: «Dobbiamo prenderli a forconate». La frase diede l'idea per un movimento a Felice Floris, allevatore e capo dell'associazione dei pastori sardi.
Nacque così un'associazione che - come si legge sulla sua pagina Facebook - è composta di «agricoltori, pastori, allevatori stanchi del disinteresse quando non del maltrattamento da parte delle istituzioni». A loro si unì poi il Movimento autonomo degli autotrasportatori che a inizio 2012 decise di bloccare l'intero settore dei trasporti con presìdi e sbarramenti lungo molte strade italiane. Così la protesta partita dalla Sicilia si era diffusa a macchia di leopardo nel resto del Paese.
Poi il nulla per oltre un anno. Certo, Mariano Ferro aveva anche sfidato Rosario Crocetta alle Regionali, ma forse anche a causa di pressanti accuse di infiltrazioni mafiose o di estremisti di destra - fece scalpore nel 2011 il leader di Forza Nuova che arringava indisturbato i Forconi - si fermò all'1,55% e del movimento non si è più parlato.
Almeno fino agli inizi di dicembre, quando un altro imprenditore agricolo di Latina, Danilo Calvani, insieme ad alcuni colleghi e qualche camionista ha indetto uno sciopero a oltranza dal 9 dicembre. Alla manifestazione si sono poi aggregati il movimento dei Forconi di Ferro, i Liberi imprenditori federalisti europei che hanno a capo l'artigiano Lucio Chiavegato, il Movimento autonomo degli autotrasportatori guidato da Augusto Zaccardelli, ma anche studenti universitari e molti cittadini stufi di subire politiche di austerity. Persino gli agenti, chiamati a controllare i manifestanti ed evitare disordini, hanno a loro modo dato sostegno alla protesta togliendosi i caschi in segno di solidarietà.
«Fermiamo l'Italia», recita lo slogan. Lo scopo è quello di cambiare il sistema, chiudendo Equitalia, uscire dall'euro, ribellarsi ai diktat dell'alta finanza e protestare fino a che non si dimettano governo, Parlamento, presidente della Repubblica e tutte le istituzioni. Una protesta che raccoglie un po' tutti gli aspetti di malcontento sociale e si scaglia contro tasse, governo, disoccupazione, classe politica e chi più ne ha più ne metta al grido - ormai inflazionato - di «Tutti a casa», senza peraltro suggerire soluzioni efficaci.
Un'eccessiva genericità che rischia però di far perdere forza al movimento. Alcuni metodi, come quello di costringere i negozi a chiudere o di impedirne l'accesso ai clienti, sono stati considerati esagerati quando non bollati come «fascisti».
A questo va aggiunto che i presidi e i cortei di questi giorni hanno prestato troppo spesso il fianco a infiltrazioni di estremisti di destra e antagonisti che - oltre a mettere in dubbio l'apartiticità del movimento - hanno creato disordini e scontri che hanno messo in cattiva luce la protesta pacifica della maggior parte dei manifestanti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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