RomaAlla fine ci rimetterà chi non ha un reddito. Perché alla voce «dare», della legge di stabilità approvata ieri notte dal governo Monti c'è solo il taglio delle aliquote sui primi due scaglioni di Irpef, quindi chi ha entrate basse o nulle, non ne beneficerà. Lo hanno sostenuto in molti ieri e la Cgia di Mestre ha individuato proprio negli otto milioni di «incapienti» i veri perdenti della partita che il premier Mario Monti e i ministri hanno giocato al consiglio dei ministri.
Il «primo calo delle tasse» dell'era Monti, annunciato martedì a notte fonda, consiste in una riduzione dell'aliquota sul primo e sul secondo scaglione dal 23 al 22% e dal 27 al 26%. Riduzioni che si applicano a tutti i redditi. Niente per la soglia sotto i 7.500 euro all'anno, la cosiddetta no tax area, che invece risentirà in pieno delle conseguenze dell'altra decisione presa al consiglio dei ministri, cioè l'aumento dell'Iva di un punto. Per i redditi sopra i 15 mila euro scatteranno però dei tagli alle agevolazioni fiscali. In sintesi, un tetto di 3.000 euro sulle detrazioni, escluse quelle per la sanità, poi una franchigia di 250 euro sia sulle deduzioni sia sulle detrazioni, ma solo in alcuni casi. Il giallo di ieri era su quali spese saranno incluse nel taglio alle tax expenditures. Ci rientrano ad esempio gli assegni al coniuge in caso di coppie divorziate, gli interessi passivi sui mutui. Poi i contributi delle colf, le spese per le attività sportive dilettantistiche dei ragazzi, quelle per gli asili nido. Non le spese per i cani dei non vedenti, per fare un esempio. Da decidere se si colpiranno anche le ristrutturazioni edilizie. Capitolo comunque apertissimo questo delle agevolazioni fiscali-assistenziali, tanto che il comunicato di Palazzo Chigi l'ha citato di passaggio, senza entrare nel merito. Segno che il testo del decreto ieri non era ancora pronto.
Le simulazioni sugli effetti del nuovo regime fiscale circolate ieri concordavano su un paradosso. A beneficiarne, nonostante gli annunci del governo, saranno le fasce di reddito da 30 mila euro in su (la riduzione delle aliquote, come sempre, incide su scaglioni bassi di reddito, a vantaggio anche dei più ricchi). Circa 280 euro in meno all'anno rispetto al 2012. Per i redditi da 8.000 fino a 15 mila, il vantaggio è di 150 euro, 200 fino a 20 mila e 250 fino a 25 mila.
Le vere sorprese arriveranno quando si conosceranno i dettagli sui tagli alle agevolazioni fiscali. Il Caaf della Cisl ha già puntato i riflettori su possibili effetti paradossali. In presenza di redditi bassi e carichi di famiglia la diminuzione del peso fiscale può essere nulla. E a parità di reddito avrà la meglio il contribuente senza familiari a carico. Allo stesso modo, a parità di carichi familiari, avrà più vantaggi il contribuente con un reddito maggiore. Un po' un quoziente familiare alla rovescia, visto che le nuove regole penalizzano i nuclei più numerosi e quelli meno ricchi.
Stessa valutazione da Confcommercio, che distingue l'effetto immediato delle misure fiscali, da quelle a regime. «Dal punto di vista statico e immediato andranno alle famiglie 1,5 miliardi in più, mentre per il 2012, il saldo sarà negativo per due miliardi».
Tutto questo, osservavano ieri fonti sindacali, senza tenere conto dell'effetto della manovra nel suo complesso sulle addizionali regionali Irpef. La legge di stabilità ha tagliato i trasferimenti alle autonomie locali e a molti governatori non resterà che aumentare la quota di imposta sui redditi di loro competenza, annullando il taglio delle aliquote.
Scenari lontani da quelli immaginati dal governo, che con il consiglio dei ministri di martedì notte intendeva dare un segnale di equità. E non è un caso che ieri il testo del decreto era ancora considerato «aperto» da ambienti governativi. Tanto che del capitolo fiscale, il governo non ha nemmeno diffuso le cifre.
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