Effetto recessione, aziende dimezzate

Dal 2004 al 2011 gli imprenditori in Italia sono scesi da 402mila a 232mila, un calo del 42,4 per cento

Effetto recessione,  aziende dimezzate

Imprenditori in via d’estinzione. La crisi economica e lo spettro della recessione stanno per cancellare un’intera categoria. Sono i dati Istat a confermare che crolla il numero degli imprenditori. In sette anni, dal 2004 al 2011, sono quasi dimezzati passando da 402.000 a 232.000, segnando così un meno 42,4 per cento.

I dati si riferiscono a chi gestisce la propria impresa senza essere direttamente coinvolto nel processo produttivo, dunque aziende piccole, medie o grandi di settori diversi: agricolo, commerciale o industriale. La ricerca si è concentrata sugli occupati con più di 15 anni, che abbiano almeno un lavoratore alle proprie dipendenze e che prevalentemente si occupino di gestione e organizzazione. Questo per distinguere la categoria imprenditore sia da quella del lavoratore in proprio (coinvolto direttamente nel processo produttivo come i titolari di piccole o piccolissime imprese) sia da quella del libero professionista, in genere iscritto a un albo come gli avvocati, i notai, gli architetti o gli agronomi. Non entrano nelle statistiche anche i soci di cooperative e chi semplicemente collabora nella ditta di un familiare senza un regolare contratto. Dal 2008 al 2011 la perdita di questo profilo professionale è stata del 18,6 per cento.

Nessuno viene risparmiato dalla crisi. Gli uomini, da 320.000 nel 2004 a 187.000 nel 2011, meno 41,6. Anche le donne, che già non erano molte, scendono da 82.000 a 45.000, meno 41,1 per cento. Non emergono differenze eclatanti neanche in un confronto sul territorio anche se indubbiamente a pagare di più la crisi è l’Italia settentrionale che in cifre assolute perde 100.000 occupati classificati come imprenditori. Nel Nord siamo al meno 45, 5 per cento; nel Sud meno 33,6; al Centro meno 46,1.

Colpisce nei dati Istat anche la scarsa presenza di donne imprenditrici. Nel 2011 appena il 19,6 per cento, ovvero uno su cinque, è donna mentre sul totale degli occupati la componente femminile è pari al 40,7.

L’analisi dell’Istat conferma un andamento negativo che già era stato segnalato qualche settimana fa in uno studio di Datagiovani incentrato sull’imprenditoria under 30. Alla fine del marzo scorso si registrava una flessione del 20 per cento rispetto ai titolari di impresa più giovani, in tre anni 28.000 in meno. Il numero di titolari e amministratori che non hanno ancora compiuto 30 anni alla fine dello scorso anno era già sceso sotto le 350.000 unità contro i 378.000 del 2008 e gli oltre 435.000 del 2005. Anche in questo caso l’area più colpita è quella del nordest che segna un meno 3.700 giovani imprenditori in Emilia Romagna dal 2008 e meno 3.000 nel Veneto.

Accanto a questi dati ci sono quelli, tragici, che registrano le morti per debiti e disperazione.

Sono molti, troppi, gli imprenditori suicidi dall’inizio dell’anno, oltre 40, e anche in questo caso è il Veneto a pagare il prezzo più alto con dieci vittime.

Proprio dal Veneto però arrivano anche tante voci di speranza, sono quelle degli imprenditori che non mollano e che hanno raccontato le loro storie a Panorama che dedica loro la copertina di questa settimana.

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