Per essere trendy al ristorante ora devi mangiare al bancone

Tavolo addio, al ristorante ormai si mangia al bancone. E la cena diventa un'esperienza social. È una tendenza, intendiamoci, non un dogma: famiglie con bambini, coppiette in cerca di intimità, colleghi che devono discutere di un progetto, tradizionalisti, puristi, gourmet inguaribili, anziani che fanno fatica a stare appollaiati su un trespolo, obesi, timidi, misantropi, depressi e altre categorie sparse continueranno a preferire un tavolo, meglio ancora se appartato, per consumare pranzo e cena. Gli altri si contenderanno invece una porzione di spazio al bancone, spesso davanti a chef che spignattano e a barman che miscelano. Si sta più scomodi ma si conosce gli altri. Perché la regola delle persone up-to-date è una sola: restare sempre connessi con il maggior numero di persone possibile, stare più vicini al centro dove tutto accade. Acosto di rinunciare a un po' di privacy e a molta comodità.
Certo, da noi tradizioni e abitudini, quando si tratta di cibo, faticano un po' di più a cadere. Lo faceva notare poco tempo fa anche Joël Robuchon, leggenda degli chef francesi, che di recente ha inaugurato una catena di locali a Parigi e in altre metropoli del mondo, L'Atelier, in cui i tavoli non esistono o sono del tutto marginali: «Quello che la gente cerca al ristorante è soprattutto la convivialità», garantisce Robuchon, che però ha per il momento rinunciato ad aprire un Atelier anche nel nostro Paese, a Milano: «Non ci sono riuscito, ma resto convinto che il concetto di convivialità andrebbe benissimo da voi».
Forse non siamo così socievoli come gli altri ci immaginano. Eppure anche da noi, soprattutto nelle grandi città, saltano gli schemi, i confini evaporano e i banconi trionfano. Già, perché chi si appollaia davanti a un bancone non fa differenza tra aperitivo e cena, e tra cena e dopo cena. Tutto si confonde, si trasfigura: basta stare in compagnia. A Roma, nel rione Prati un tempo contegnoso ed executive e oggi cuore della movida gourmet, spopola La Zanzara, concept restaurant aperto quindici ore al giorno e che ruota tutto attorno a uno spettacolare bancone in cui si esibisce la affascinante barwoman Cristiana Brunetti ma sul quale arrivano anche i piatti dello chef Alessandro Cecere. Stessa scena da Baccano, a due passi da Fontana di Trevi (stessi proprietari della Zanzara), da Portofluviale all'Ostiense, dove lungo i tredici metri di bancone sfilano i «cicchetti» d'autore che facilmente diventano una cena-compilation. E poi c'è Roscioli, drogheria-ristorante a Campo de' Fiori, dove i tavoli più contesi sono proprio quelli davanti al bancone della salumeria, in cui si mangia guardando attraverso il vetro Pata Negra e alici cantabriche, ordinandole all'occorrenza. Non va diversamente a Milano, la città più europea d'Italia: si mangia al bancone da Visconti Street Food, alla Langosteria 10 e nei tanti ristoranti giapponesi chic. A Bologna c'è Banco 32, a Napoli L'Altro Loco.
Insomma, anche da noi qualcosa si muove.

Perché all'estero il bancone è già da tempo il cuore della gastronomia: basta pensare ai tapas bar spagnoli, ai sushi bar giapponesi, dove ci si serve direttamente dal keiten, il trenino su cui viaggiano i piattini dal cui colore dipende in genere il prezzo, ai locali di Londra e New York dove spesso ci si accomoda al bancone aspettando che il tavolo sia pronto e magari si resta lì. Mangiando, bevendo e chiacchierando.

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