RomaErano tutti d'accordo: avvocati, commercialisti, curatori fallimentari, imprenditori. E insinuando crediti inesistenti nei procedimenti fallimentari sono riusciti a mettere le mani su sette milioni di euro, gran parte dei quali riciclati attraverso il rilascio, da parte dei creditori ammessi indebitamente ai fallimenti, di false «procedure all'incasso» in favore di persone che hanno poi trasferito i soldi all'estero.
I finanzieri del Comando provinciale di Roma hanno arrestato ieri sei avvocati, cinque commercialisti e tre imprenditori con le accuse di peculato, falsità ideologica, simulazione di reato e riciclaggio. Alla Procura di Perugia toccherà ora valutare la posizione dei giudici che hanno trattato i fallimenti. Il procuratore aggiunto Nello Rossi non si sbilancia: «O siamo davanti a giudici indotti in errore o a sentenze frutto di falso materiale». Il sospetto che anche le toghe facessero parte del meccanismo, dunque, c'è. E lo stesso gip, analizzando la richiesta di misure cautelari, ha ipotizzato che qualche giudice non sia stato solo ingannato ma fosse partecipe. Gli investigatori hanno anche sequestrato un attico in via del Colosseo. L'inchiesta è partita l'anno scorso a seguito di un'altra indagine che aveva portato all'arresto di un commercialista. Da lì le Fiamme Gialle sono arrivate a riscontrare irregolarità in altri tre fallimenti: della «Domitia Hospital», della «Tecnoconsult» e della «Pasqualini».
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