
RomaIl caso Ligresti può essere un punto di partenza. Una riforma dell'istituto della carcerazione preventiva è quello di cui il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri dovrebbe occuparsi, ora che tutti i partiti di maggioranza le hanno confermato la fiducia con una serie di interventi al Senato molto comprensivi e a tratti affettuosi. Non è sul caso Cancellieri che il governo trema. Ieri è stata la giornata della compattezza, a tratti persino propositiva.
Il Pdl, con Renato Schifani, ha ribadito che non chiederà nella maniera più assoluta le dimissioni del ministro: la telefonata con Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti, è stato un «colloquio familiare tra due persone che si stimano». Giulia Ligresti rifiutava «il cibo da settimane», la concessione dei domiciliari era un atto dovuto e comunque sulla vicenda «non c'è stata nessuna interferenza da parte di chicchessia». La libertà «è un valore identitario del nostro partito».
Proprio per questo dal Pdl parte l'invito a guardare avanti: «Il tema deve farci riflettere sull'uso della carcerazione preventiva», ha esortato Schifani nel suo intervento in aula. L'utilizzo molto frequente della custodia cautelare in corso di processo «non è tanto un abuso dei magistrati», ma la verità è che «l'attuale impianto dà ai giudici la possibilità di privare in via preventiva una persona della sua libertà. Vi era bisogno di tenere in stato di detenzione il signor Scaglia? (il fondatore di Fastweb, ndr)». Assolto dopo un anno, ricorda Schifani. Poi, al ministro: «Lei deve farsi carico di intervenire. Se necessario anche attraverso provvedimenti di urgenza. Sulla libertà non ci deve essere nessun tentennamento. Occorre avere il coraggio di dire: Ora basta, riformiamo».
Perché la clemenza e l'aiuto nei confronti delle persone che sono in carcere senza giudizio definitivo e in gravi condizioni di salute non deve avvenire per segnalazioni, anche se questa è l'unica strada percorribile: «Un sistema che colma l'inefficienza con segnalazioni personali è destinato a lasciar fuori qualcuno», ha riflettuto nel suo intervento il senatore di Scelta Civica Lucio Maran. La posizione ufficiale dei centristi è completamente a favore del ministro: «A lei, signora ministro, ci rivolgiamo con immutata fiducia istituzionale perché la vita dei carcerati in Italia venga tutelata».
E alla fine anche il Pd si è fatto convincere e ha sposato la tesi del buon cuore del ministro Cancellieri. Il capogruppo Luigi Zanda in aula è stato incoraggiante: «Sono certo che la ministra Cancellieri continuerà a lottare per risolvere la tragedia delle carceri italiane». Parole confermate, in serata, dal segretario Guglielmo Epifani: «Le confermiamo la nostra fiducia per il semplice fatto che da parte sua non ci sono stati interessamenti fuori dalle sue responsabilità». Anche da Sel è arrivato un cauto appoggio al ministro, con l'invito a occuparsi adesso davvero di tutti, con l'istituzione, ad esempio, della «figura del garante dei detenuti».
Sono rimasti sulle barricate solo la Lega (che ha confermato al Senato la richiesta di «un passo indietro») e il Movimento cinque stelle. Il grillino Alberto Airola ha definito Salvatore Ligresti un «gangster della finanza» e Cancellieri un ministro «a disposizione di un'intera famiglia».