La finanza tentata dal salotto di Renzi

C’è una vasta parte della bor­ghesia italiana che è spaesata. E la sirena di Renzi inizia a fare breccia

Davide Serra, finanziere del fondo Algebris che sostiene Matteo Renzi
Davide Serra, finanziere del fondo Algebris che sostiene Matteo Renzi

La zuppa, ahilei, continua a occuparsi del­le primarie del Pd. Purtroppo il motivo è banale: è la finanza, il nostro ingrediente preferito, a volersi occupare del partito demo­cratico. E in particolar modo di Matteo Renzi. La storia di Davide Serra si conosce. Solo pochi giorni fa il finanziere con ba­se (da più di 15 anni) a Londra è inter­venuto ufficialmente alla Leopolda. New entry nel club renziano è quella di
Paolo Basilico. Si tratta del fondatore di una delle rarissime società indipen­denti nel settore del risparmio gestito, senza grandi banche alle spalle. Con sede a Milano Kairos è una roba seria, i suoi prodotti sono considerati eccel­lenti, e il gruppo ha poco meno di 120 dipendenti. Martedì scorso ha annun­ciato di volersi pappare la sim italiana di Julius Baer, pagandola con il 20 per cento del capitale di Kairos. Il tam tam milanese sostiene che è il primo passo per un mutazione nel tempo dell’azio­nariato di Basilico. Può darsi..
Schivo, rarissimamente compare sui giornali, se non per dare una lettu­ra tecnica della situazione economi­ca, ha ottimi clienti sull’asse Milano­
Torino. Il 6 novembre ha preso carta e penna, anzi ha preso la sua tastiera ed ha mandato una mail a un gruppo sele­zionato di giovani clienti. Titolo della lettera: «Primarie Pd un’opportunità che non possiamo perdere». E poi, sen­za molti giri di parole: «Sono un italia­no ch­e vive una profonda sfiducia ver­so la classe politica. Uno dei tanti. Non vedo nessuno in grado di rappresen­tarmi e coltivo l’idea di non andare a votare, per la prima volta nella mia vi­ta. So che il 25 novembre ci saranno le primarie del Pd. Bersani da una parte, Renzi dall’altra. Il primo è la vecchia politica che ben conosciamo. Il secon­do è l’unica vera novità, con Grillo, di questa campagna elettorale. Sento di­re che è troppo giovane, che non è pronto, che parla bene ma è vuoto. A me sembra uno che ha coraggio e che ascolta. Mi basta».
Si tratta di un
endorsement pieno. E le righe che seguono lo confermano in maniera ancora più articolata. «Capi­sco d’un tratto che le primarie del Pd sono di gran lunga l’evento politico più importante degli ultimi anni, po­tenzialmente molto più importante delle elezioni politiche del prossimo anno. Non ho mai votato Pd... Capisco che posso fare nel mio piccolo qualco­sa per avvi­are un processo di rinnova­mento democratico. Mi do una possi­bilità di non votare scheda bianca alle prossime politiche, anche se magari lo farò lo stesso o voterò qualcuno completamente diverso... E allora su­pero i dubbi e le perplessità e mi iscri­vo per votare. Anche se non farò mai politica, in questo momento voglio da­re un calcio alla palla e non guardare solo gli altri giocare. Se ti ritrovi in que­sta semplicità di pensiero, fallo anche tu. Non è tutto inutile».
Molti dei clienti di Kairos e dei «ra­gazzi» destinatari della mail non la pensano affatto come Basilico. Ma ai
politici, di destra e sinistra, converreb­be riflettere bene sulla parole del fi­nanziere. C’è una vasta parte della bor­ghesia italiana, e della finanza che la corteggia per il suo portafogli, che è spaesata, che mai come in questo peri­odo non ha idea di come comportarsi dal punto di vista elettorale. E la sirena di Renzi (l’unico ad esempio dei candi­dati Pd ad aver pubblicamente dichia­rato di non volere una patrimoniale) sta iniziando a fare breccia. Ma, come dimostra la mail di Basilico, dalla par­te «sbagliata». Cioè quella dei modera­ti tendenzialmente di centrodestra, che rischiano (per Bersani & Co.) di «infiltrarsi» attivamente e convinti al­le loro primarie.
P.S. Ucci ucci odore di peccatucci in casa san Paolo. Almeno a sentire i ma­liziosi. La Compagnia san Paolo è una delle grandi azioniste di Intesa. Una pratica che le sta costando molto san­gue: la sua partecipazione, se dovesse
essere valutata ai prezzi di oggi, com­porterebbe una minusvalenza di cir­ca un miliardo. Cosa che per la verità avviene per molti azionisti istituziona­li delle banche italiane. La Compa­gnia si è anche indebitata per circa 250 milioni per seguire Intesa nel suo au­mento di capitale. Ebbene, i maliziosi che cucinano la zuppa si chiedono per quale dannato motivo oggi la Com­pagnia voglia inves­tire una cinquanti­na di milioni nel nuovo fondo F2i di Vi­to Gamberale. Quando invece per il primo non sborsò una lira. Elementa­re Watson: oggi il fondo di Gamberale e della Cdp è tra gli attori più attivi nel risiko (salvataggio?) delle municipa­lizzate. E a Torino hanno bisogno co­me il pane che qualcuno metta qual­che euro nei propri fallimentari inve­stimenti municipalizzati. Triangolo perfetto: la compagnia investe nel fon­do e spera che il fondo se ne ricordi.

E Gamberale ne potrà uscire come un gi­gante: trova i quattrini per il suo busi­ness e fa shopping, si immagina, a buo­ni prezzi, salvando la faccia al Pd tori­nese.

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