Politica

Fini si aggrappa al suo libro: "Berlusconi non è finito..."

L'ex leader di Fli: "40 anni di politica non si dimenticano, non voglio smettere"

Fini si aggrappa al suo libro: "Berlusconi non è finito..."

Per tornare sulla scena mediatica (con la speranza che si tramuti in scena politica), Gianfranco Fini si aggrappa a un libro. Ne "Il Ventennio", l'ex leader di Fli ripercorre la storia più recente del centrodestra e i rapporti politici con Silvio Berlusconi. Ma non solo. A parte le omissioni o le minimizzazioni (vedi la casa di Montecarlo), in realtà più che attacchi a testa bassa ci sono critiche moderate nei confronti degli esponenti politici che hanno segnato la sua carriera. Su tutti il Cavaliere, che, secondo Fini, "non è affatto finito". In una intervista al Corriere della Sera, Fini spiega che Berlusconi "ha ancora un vasto consenso, nel Paese e nel suo partito" e che non è capace di mentire: "Berlusconi non mente; rimuove. È del tutto incapace di ammettere un errore. Ha bisogno di convincersi che le cose siano andate esattamente come dice lui, altrimenti non riuscirebbe a convincere gli altri".

Su Angelino Alfano, "Berlusconi lo scelse non come segretario di partito, ma come suo segretario particolare. Ora ha dimostrato di avere il ’quid’, ma per lui non sarà facile restare diversamente berlusconiano", dichiara l’ex presidente di An aggiungendo che "temo che non sia possibile convivere nello stesso partito con Berlusconi esprimendo una posizione diversa. Oggi lui è più debole, ma continua a voler comandare il Pdl come faceva a Mediaset o al Milan. Se decadrà da senatore, griderà che non si può restare al governo con i propri carnefici".

Parlando dei cosiddetti colonnelli di An, "da Gasparri non mi aspettavo nulla. Di Matteoli sapevo che era sempre stato filogovernativo, in sintonia con la leadership del momento. Alemanno non battè ciglio. Il silenzio di Giorgia Meloni mi confermò che si può essere giovani all’anagrafe ma prudenti e tattici come Matusalemme, da La Russa però mi aspettavo di più. Eravamo amici da trent’anni. Ricordo il dolore che mi diede quando si piegò al diktat sulla mia espulsione".

In tema immigrazione, la legge Bossi-Fini "oggi può essere ammodernata, ma credo che l’impianto resti valido, a cominciare dal principio fondamentale: a parte gli studenti, ha diritto al permesso di soggiorno l’immigrato che lavora e ha un reddito". Sul futuro del Centro e suoi suoi protagonisti, Fini dice: "Monti è stato un buon premier e un pessimo candidato premier. La nostra alleanza con lui è apparsa un’operazione di Palazzo. Di una sola cosa vado fiero: il rifiuto di candidarmi al Senato. Era mio dovere guidare le liste alla Camera, anche a rischio di non essere eletto, non credo ci sia futuro per il centro, dal Pd, guidato da due cattolici come Renzi e Letta, non vedo smottamenti in arrivo. E poi il bipolarismo ha messo radici nel Paese. Se c’è un terzo polo, è Grillo". Infine, quanto al proprio futuro, "quarant’anni di politica non si dimenticano, non voglio smettere: la farò in modo diverso.

Una stagione si è chiusa".

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