
Tanto ha fatto, che alla fine è diventato una maschera italiana. Finché Mario Monti impersonava la figura ieratica e lodenata del professore iperuranico celestiale per i suoi capelli cotonati uno ad uno, poteva vendere le sue qualità di antimateria di Silvio Berlusconi. Tutti lo guardavano e dicevano: è proprio identico, solo che è l'opposto simmetrico. Persa questa caratteristica di essere l'antimateria di Berlusconi ed entrato in politica (in lingua italiana non si sale né si scende, ma si entra), il sacerdote europeo ha avuto la pessima idea di sperimentarsi nel comico. Una catastrofe fantozziana. Non fa ridere né sorridere neanche col solletico. Ha scelto (crede di aver scelto) un umorismo british, gelido, bofonchiando dei giochi di parole da vecchia zia: lui Monti, poi due Monti, poi Tremonti, il Monte Paschi... Booo! What a shame. Probabilmente è circondato da yes-professor che gli sussurrano con libidine che è andato benissimo, che è stato fichissimo, che è stato elegante, elegante, elegante. Ma in realtà è stato soltanto banale e provoca reazioni e preoccupazioni imbarazzate. Da accademico che era - e fin lì il suo personaggio nella commedia dell'arte di oggi reggeva - si è voluto far comico, mettendosi quindi in competizione con Grillo, che è un professionista.
Ieri Grillo ha fatto il pazzo consigliando ad Al Qaida e ai francesi di bombardare il Parlamento italiano prima che i suoi siano eletti ed è stato un pezzo paradossale, odioso, urticante e indignate, ma d'effetto comunicativo. Monti invece può arrampicarsi in un groviglio di litoti (tipo: lo schianto del tuono non è un rumorino da poco) alle tautologie incorniciate in un gioco ad incastro di doppie e triple negazioni nel cui labirinto si soffre la claustrofobia e certamente non si ride.
Oppure, passa direttamente allo spirito di patata, affine agli scherzi da prete, giocando genialmente sulla statura di Renato Brunetta o dicendo che qualcosa è di bassa lega, aggiungendo con aria furbetta che non intendeva riferirsi necessariamente alla Lega Nord. Le sue battute hanno provocato un'impennata nelle vendite dei cachet per l'emicrania. E intanto, quel malnato di Beppe Grillo - ora in risalita - lo umilia nei sondaggi superandolo.
Risultato: il topolino partorito dal Monti (ecco: ci siamo fatti contaminare) è un ragnetto, un quarto posto nella graduatoria generale dopo i due grandi partiti di destra e di sinistra e dopo il comico Grillo. Se fossi Monti per prima cosa licenzierei in tronco gli spin doctors, anche transatlantici, e chiederei (noi siamo pronti per una ragionevole cifra) un corso di comunicazione di massa con le istruzioni per le battute di spirito. Gli suggeriremmo amichevolmente di dismettere il tono inacidito da vecchia zitella come anche quello spocchioso del falso modesto che simula un understatement peggio di una coda di paglia perché rivela un ego smisurato e volatile come una mongolfiera.
Non c'è nulla di male ad avere un ego smisurato, Berlusconi ce l'ha e lo grida ai quattro venti; ma se uno ce l'ha, l'ego smisurato, però finge di essere una novizia di clausura, l'impressione che se ne trae è grottesca, suona falsa come una campana rotta. Lo dico con spirito sincero: a me il Monti tecnico, dal punto di vista dell'immaginario italiano, non dispiace perché è una maschera italiana seriosa come Balanzone. Ma se abbandona i panni della maschera naturale, ora che è un gladiatore nell'arena dove ci si sta soltanto per fare a botte uno contro tutti, sembra una cattiva imitazione di se stesso. E infatti Monti si stizzisce con Crozza che lo prende in giro, dichiarando con boria da preside che Crozza deve limitarsi a fare il verso a Bersani.
È un auto-massacro, lascia perplessi tutti e provoca una reazione di rigetto perché ogni italiano, anche simpatizzante, sente in Monti questa smisurata voglia di impartire la lezione, stupire con giochini di parole. L'eroe secentesco dello stupore fu il cavalier Marino secondo cui «è del poeta il fin la meraviglia». Ma Monti che suggerisce a Bersani di «silenziare» Vendola non induce allegro stupore, ma inquietudine: c'è talvolta in lui un'aria un po' draculesca che spinge a tener d'occhio i canini.
Gli diamo un consiglio spassionato e non richiesto: lasci perdere i conati umoristici e stia sul pezzo delle tasse e della povertà crescente su cui, possiamo garantirglielo, non c'è niente da ridere. E rifletta piuttosto sul semplice quesito: con quali argomenti pensa di chiedere Palazzo Chigi arrivando quarto, preceduto e umiliato da un comico?