Roma - Sette politici nel mirino. Dopo l'interrogatorio fiume di Franco Fiorito, l'ex capogruppo del Pdl alla Regione Lazio indagato per peculato dalla Procura di Roma, l'attenzione dei magistrati si concentra su altri esponenti del centrodestra. Il Batman della Ciociaria, assistito dall'avvocato Carlo Taormina, ha ricostruito in oltre sette ore di interrogatorio il sistema dei finanziamenti e le sue storture.
Di fronte alle contestazioni della Procura di Roma e alla documentazione acquisita dalle Fiamme Gialle alla Pisana, l'ex sindaco di Anagni ha raccontato la sua verità. Senza fare sconti a nessuno. Nemmeno a se stesso. Non ha lesinato accuse ai suoi detrattori, ha invitato gli inquirenti a verificare le procedure di distribuzione del denaro ai gruppi e a controllare gli organi che presiedono alle decisioni, dal Consiglio regionale all'Ufficio di presidenza. «L'interrogatorio è durato così a lungo - spiega l'avvocato Taormina - perché abbiamo ripercorso tecnicamente e giuridicamente il meccanismo dei finanziamenti e fornito ai magistrati indicazioni utili per arrivare alla verità vera di questa storia che non è solo quella dei giornali. Delle cose da censurare nei comportamenti di Fiorito certamente ci sono, ma non nei termini configurati dalla magistratura».
Per tutto il pomeriggio si sono rincorse voci su imminenti provvedimenti che potrebbero coinvolgere altri consiglieri della maggioranza. Fiorito ha respinto le accuse di essersi arricchito con i soldi del Pdl davanti al procuratore aggiunto Alberto Caperna e al pm Alberto Pioletti nella sede del comando del Nucleo di polizia valutario della Guardia di finanza.
La sua difesa si è subito trasformata in attacco, con un verbale pieno di nomi e circostanze che ora dovranno essere verificate dagli inquirenti. L'attenzione dei pm è concentrata anche sui destinatari di alcuni bonifici fatti da Fiorito, tra cui ci sarebbero consulenti della Regione Lazio. Perché quei pagamenti? A che titolo li avrebbe indirizzati a loro?
Davanti ai magistrati Fiorito ha cercato di giustificare il suo patrimonio, fatto di case a Roma e ad Anagni, terreni in Ciociaria, ville, yacht e auto, come il Suv con cui amava spostarsi perché l'auto blu non gli bastava. Ha spiegato di averle in parte ereditate quelle case e in parte pagate accendendo mutui su mutui. Come per la villa del Circeo, edificata in una zona protetta a picco sul mare. Altro che pagamento in contanti, come letto sui giornali. Ha provato a spiegare il perché di quei conti, sette in Italia e cinque in Spagna, sui quali confluivano i soldi del Pdl ed ha escluso l'esistenza di altri conti.
«Sono tranquillissimo», aveva detto l'ex capogruppo prima di sedersi davanti ai magistrati. Poi lo sfogo fiume, senza alcun riguardo per quei consiglieri del partito che, a suo dire, sarebbero stati al corrente di come gestiva i soldi.
Del resto Fiorito nei giorni scorsi aveva fatto capire chiaramente sui giornali che l'attenzione della magistratura avrebbe dovuto spostarsi su altri e che agli inquirenti avrebbe fornito le prove per dimostrare chi, alla Pisana, era solito incassare rimborsi non dovuti in una sorta di accordo di cui si limitava ad eseguire disposizioni date da altri. Una resa dei conti, dunque, all'interno di quello che l'avvocato Taormina non ha esitato a definire un «porcile» dove in molti avrebbero approfittato della norma che prevede di dare soldi a pioggia a tutti i gruppi consiliari senza alcun controllo.
Fiorito ha fornito la documentazione necessaria ai pm per approfondire alcuni aspetti, come quello delle numerose fatturazioni per operazioni inesistenti che sarebbero servite ad occultare la provenienza dei flussi di denaro. La linea di Fiorito, dunque, continua ad essere quella di negare ogni addebito.
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