Ingroia non firma le dimissioni, ma smentisce che tornerà a fare il magistrato

Ingroia lascia decadere il suo incarico, ma smentisce che sia un modo per tornare in magistratura: "Il mio addio è definitivo"

Il leader di Rivoluzione Civile, Antonio Ingroia, alla manifestazione di MicroMega
Il leader di Rivoluzione Civile, Antonio Ingroia, alla manifestazione di MicroMega

"Il mio è un addio definitivo". Antonio Ingroia lascia la magistratura. Ma lo fa a modo suo. Dopo aver rifiutato la destinazione di Aosta e dopo aver continuato a fare politica attiva incassando persino un procedimento disciplinare da parte della Cassazione, l'ex procuratore aggiunto di Palermo sembrava prossimo a firmare le proprie dimissioni e a smettere la toga. Lui stesso, prima di recarsi nel territorio valdostano per chiudere l'esperienza professionale, aveva rilasciato una dichiarazione accorata e definitiva: "Lasciare la toga mi è costato molto, è stata una decisione sofferta e travagliata. Io mi sentivo la toga cucita addosso, e ho dedicato tuta la vita a quella attività. Non potevo continuare a subire soprusi dal ceto politico attraverso il Csm e ho reagito".

Poi il colpo di scena. Niente dimissioni. "Domani sarei dovuto rientrare al lavoro dalle ferie, ma non prenderò possesso della sede e quindi decadrò per rendere chiaro che non si tratta di dimissioni volontarie dalla magistratura, bensì forzate, in quanto non mi si è consentito di fare ciò che avevo diritto a fare da magistrato", ha spiegato il magistrato siciliano all'Agi, annunciando che domani invierà una lettera al procuratore di Aosta e agli organi istituzionali competenti, il ministero della Giustizia e il Csm, nella quale spiegherà "le ragioni per le quali non prendo possesso dell’ufficio di Aosta".

Uno stratagemma secondo fonti della magistratura sentite dall'Ansa. Infatti, scegliendo di decadere dall’incarico, il leader di Azione Civile si terrebbe aperta la strada per poter chiedere al Csm, entro i prossimi due anni, di tornare ad esercitare le funzioni di magistrato. Se avesse invece firmato le dimissioni, la scelta sarebbe divenuta irrevocabile non consentendogli più passi indietro. Insomma, il magistrato diventato politico, avrebbe tempo due anni per continuare a guidare Azione Civile. E, nel caso dovesse andar male (come è già successo con Rivoluzione Civile), potrebbe sempre tornare indietro.

Un retroscena però smentito categoricamente dal portavoce di Ingroia prima e dallo stesso magistrato poi. "Il mio addio alla magistratura è da considerarsi definitivo", afferma ricordando che "la notizia è destituita di fondamento in quanto la norma in materia è stata modificata dall articolo 28 del decreto legislativo 109/2006 e non è più possibile chiedere il reintegro".

Sul documento del Csm, al capitolo riservato alla "decadenza per inosservanza del termine per assumere le funzioni" tuttavia si legge che "il magistrato, che non assume le sue funzioni nel termine stabilito dall’articolo precedente, o in quello che gli è stato assegnato con disposizione del Ministro, decade dall’impiego, ma può essere riammesso nell’ordine giudiziario, con lo stesso grado mediante un nuovo decreto. In tal caso il servizio anteriore si ricongiunge con il successivo, ai fini dell’anzianità. La facoltà di riassunzione cessa col decorso di un anno dalla data di registrazione del decreto di nomina, di promozione o di tramutamento". Inoltre, fonti della magistratura sentite dall'Ansa hanno fatto sapere che è stata la giurisprudenza della Corte dei Conti a prevedere la possibilità di rientro in servizio dopo la decadenza. Comunque, al momento, l'addio di Ingroia è definitivo.

Almeno, stando alle sue parole. Al massimo, potrà dedicarsi alla carriera di avvocato."Mi iscriverò all'ordine degli avvocati, potrei anche esercitare ma non per difendere corrotti e mafiosi", ha dichiarato l'ex magistrato.

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