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Il giudice che lasciò la toga deluso dalla giustizia

Laurearsi in giurisprudenza, diventare magistrato e, a soli trentaquattro anni, decidere di cambiare vita perché quegli ideali per cui avevi studiato non sono più rappresentati completamente dalla giustizia, è un fatto profondo e doloroso. Questa è stata la scelta di Francesco Morcavallo oggi trentacinquenne avvocato romano ma fino al 6 maggio 2013 (data delle dimissioni), magistrato presso il Tribunale dei Minori di Bologna. Il motivo che gli ha fatto decidere l'abbandono della magistratura è la facilità con cui troppo spesso i servizi sociali, su richiesta dei Tribunali dei Minori, strappano i figli ai propri genitori per mandarli in case famiglie.
Ad oggi, sono circa quarantamila i giovani (tra neonati, bambini e ragazzi) ospitati in strutture di accoglienza perché allontanati dai propri genitori. Di questo «esercito di nessuno» solo uno su cinque sarà assegnato, con adozione o affido, in via definitiva; tutti gli altri rimarranno fino alla maggiore età relegati nelle strutture spesso senza mai incontrare i propri genitori. Le motivazioni con cui i servizi sociali scelgono di allontanare i figli dalle famiglie di origine appaiono molte volte lacunose e contradditorie. E quella che dovrebbe essere una nobile causa, l'allontanamento dei minori a fronte di abusi o comportamenti sconvenienti dei genitori, nasconde spesso un considerevole giro di denaro.
In Italia sono circa 1800 le case famiglia: quei luoghi deputati ad accogliere i bambini sottratti alle proprie famiglie; queste hanno un costo, per lo Stato, che varia dai 100 ai 400 euro a bambino al giorno alimentando un giro di denaro pari a circa due miliardi di euro annui. In questa delicata situazione nel 2009 Francesco Morcavallo chiede di essere assegnato al Tribunale dei Minori di Bologna. Si rende conto della mole di procedimenti aperti, circa venticinquemila, di cui alcuni molto vecchi e risalenti addirittura a trent'anni prima. Così come si accorge di come troppo spesso le decisioni del Tribunale dei Minori di Bologna siano appiattite rispetto alle relazioni dei servizi sociali. L'idealismo di Morcavallo si scontra con il Presidente del Tribunale dei Minori di Bologna, il dottor Millo. Mentre per Morcavallo il prevalere del bene, per il minore, è rappresentato dal rimanere all'interno del nucleo familiare (stessa linea adottata dalla Corte Costituzionale e dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo) di contro, di contro, l'attitudine del Tribunale è quella di seguire le indicazioni dei servizi sociali che optano spesso per l'allontanamento.
Morcavallo ha sempre immaginato che il ruolo dei servizi sociali sia un compito nobile, di presidio sul territorio a difesa dei soggetti deboli. In realtà, pur senza generalizzare, si ritrova a osservare come troppo spesso i servizi sociali intervengano con grande solerzia anche e solo davanti a una denuncia anonima. Il casus belli è un fatto drammatico avvenuto a Bologna nel gennaio del 2011 in Piazza Grande. In quell'occasione muore un neonato, partorito dieci giornio prima assieme al suo gemello e poi finito assiderato. Quando il caso viene affidato al giudice Morcavallo, si rende conto che la drammatica morte è avvenuta per disperazione. I due genitori non avevano occupato la casa che era stata loro assegnata per paura dell'arrivo dei servizi sociali che in passato avevano già sottratto alla coppia un bimbo che la donna aveva avuto da un precedente matrimonio. Questa lettura dei fatti di Morcavallo non viene condivisa dal Presidente Milla che, con un atto non consentito, si impossessa del fascicolo e richiede la sospensione della patria potestà dei genitori. Questa mossa porta Morcavallo, con i giudici Stanzani ed Imparato, a fare un esposto al Csm. Esposto che viene seguito da un contro esposto da parte del Tribunale di Bologna. Il Csm avvia un'azione disciplinare trasferendo a Modena il giudice Morvavallo e adducendo come motivazione l'irragionevole contrasto con la linea del Presidente Millo. Nel dicembre del 2011 il giudice Morcavallo vince la causa in Cassazione e, dopo 10 mesi, nel settembre 2012, viene reintrodotto al Tribunale dei Minori di Bologna. La sentenza della Cassazione bacchetta il Csm che avrebbe dovuto verificare i casi di abuso prima di emettere il provvedimento di allontanamento dei figli dai genitori e chiede di indagare sulle motivazioni per cui un affido temporaneo «formalmente provvisorio, in realtà durasse anni».
Il ritorno di Francesco Morcavallo al Tribunale dei minori di Bologna dura poco. Dal momento che non gli vengono più affidati casi di adottabilità ma solo vecchie pendenze. È così che a maggio del 2013 Francesco Morcavallo decide di abbandonare la Magistratura per intraprendere la professione di avvocato. Morcavallo con coraggio e mettendo in gioco la propria vita ha denunciato quante siano le illegittime interferenze e spesso quanti interessi ruotino attorno alle adozioni.

In ognuno di noi è forte il ricordo di quelle immagini in cui le forze dell'ordine prelevano da scuola una bambina di dieci anni per portarla in una struttura protetta.L'avvocato Morcavallo è sopravvissuto nel vedere le ingiustizie ma quante famiglie riusciranno a sopravvivere ai soprusi che a volte lo Stato compie portandosi via i loro figli?
@terzigio

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