Roma - Che per lo sviluppo non ci siano soldi non è una novità. Una delusione cocente e inedita potrebbe però arrivare da una delle decisioni più popolari del pacchetto di provvedimenti approvato venerdì dal consiglio dei ministri, cioè il taglio dei dirigenti pubblici (meno 20%)e dei funzionari (meno 10%) a partire da Palazzo Chigi e dal ministero dell’Economia. A molti è sembrato il primo segnale in vista della spending review, ma il tutto rischia di finire nella classica ammuina. La conferma che i dipendenti di datori privati possono finire in mezzo a una strada, mentre i travet restano intoccabili. Il trucco è semplice: i tagli annunciati toccheranno le piante organiche, non il personale in servizio.
Nel caso del ministero dell’Economia, come ha ammesso lo stesso viceministro Vittorio Grilli, basterà non riassegnare le poltrone rimaste libere per il blocco del turn over. In sostanza si tagliano caselle vuote, con risparmi pari a zero. Il taglio degli organici è peraltro già previsto da leggi in vigore. È vero che Palazzo Chigi fino ad oggi non lo ha mai fatto, ma è altrettanto vero che i dirigenti in forza al vertice del governo sono in gran parte «comandati», cioè provenienti da altre amministrazioni. Quindi non in organico e intoccabili.
Ambienti sindacali e governativi spiegano però che il provvedimento passato insieme al decreto sviluppo è solo un assaggio, un segnale politico, in vista del piano annunciato sabato dal ministro della Pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi, che oggi sarà discusso dal dicastero della Pa e da quello dell’Economia.
Sul tavolo del ministro ci sono varie opzioni. Alcune riguardano appunto un taglio del 5%. Ancora una volta il riferimento sono gli organici, non il personale. Il rischio è che il tutto si risolva nella cancellazione sulla carta di quello che già non c’è più.
«Tagli organici lineari alle dotazioni organiche servono a poco e deprimono veramente i consumi», spiega Francesco Verbaro, docente della Scuola superiore della Pubblica amministrazione. «Serve una revisione degli enti partendo dalle funzioni e un aggiornamento dei profili» di chi lavora per la Pa. «Serve anche una normativa che favorisca gli esodi, ma questa non si concilia con la riforma delle pensioni. Se vogliamo fare una ristrutturazione seria, bisogna fare nello Stato quello che è accaduto nel credito e nelle Poste», con piani di esodo. «Gli esodati nella pubblica amministrazione non sono formalizzati, ma ci sono».
Tra le ipotesi c’è effettivamente anche quella di pensionare i dirigenti con 40 anni di contributi. Una sorta di prepensionamento con l’80% dello stipendio, che potrebbe essere esteso anche a funzionari e dipendenti. A parlarne è stato giorni fa il Sole24ore, ma il ministero di via Arenula frena. E allora si fanno strada altre ricette di cesello sui costi, ad esempio quelli dei buoni pasto che andrebbero uniformati in tutta l’ amministrazione.
Patroni Griffi ha spiegato che «occorre evitare duplicazioni» nella pubblica amministrazione. L’enunciazione di principio è importante e impegnativa.
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