Roma - Arrampicato sul basamento della statua di Giovan Battista Perasso, detto Balilla «che mandava affanc... gli austriaci», Beppe Grillo all’ombra di una grande magnolia proclamava: «Mandiamo affanc... i partiti. Da qui partirà il grande movimento di liberazione nazionale. Un movimento del futuro che farà tremare tutti».
Twitter-dipendente ai limiti della terapia disintossicante, il comico politico ieri ha inserito nella sua pagina in rete il video di quel proclama, omaggio degli oltre 560mila sostenitori online. Erano tre anni fa. In quei quattro minuti c’è l’anima e le tentazioni del Movimento cinque stelle, il genio e l’impalpabilità, la sfida e la suggestione. È tutto lì. Il merito e i difetti. Come una Pizia, Grillo vaticinava abbracciato al Balilla. E aveva ragione.
Lunedì il movimento è diventato grande. Ha sbaragliato il Pd in un’ex roccaforte rossa. Si è aggiudicato altri tre ballottaggi. È piaciuta la campagna elettorale da rappresentanti scolastici del ginnasio dei candidati del M5s. «Duemila euro: il costo della campagna elettorale a Comacchio per Marco Fabbri», racconta Grillo sempre su Twitter. «Con una campagna elettorale di 6mila euro Federico Pizzarotti è il nuovo sindaco di Parma». Ventinove anni il primo. Trentanove il secondo. Dipendente pubblico del Comune di Mesola Fabbri. Consulente informatico e judoka Pizzarotti. Gli insospettabili uomini qualsiasi hanno conquistato centinaia e poi migliaia di elettori. Il coinvolgimento dei cittadini il punto forte della strategia. E finora il movimento è riuscito a rispettare i principi enunciati da Grillo: «Non ci sarà neanche il tesoriere perché non c’è cassa». Le campagne elettorali sono state autofinanziate a costi minimi. Ma se il Movimento cinque stelle dovesse entrare in parlamento, ogni buon proposito dovrà scontrarsi con l’altra faccia del successo. Non si potrà più dire «vaffa» ai partiti perché il M5s stesso sarà partito. E lo è già adesso. Grillini di lotta che diventano di governo. Le casse del Comune a Parma sono in rosso per almeno 600 milioni di euro. Il nuovo sindaco riuscirà a promuovere Internet gratuito, e a rivoluzionare la raccolta dei rifiuti, se dovrà chiedere ai cittadini gli stessi sacrifici che Monti chiede agli italiani?
Il programma nazionale in sette punti dei Cinque stelle è ricco di proposte anche suggestive su energia e democrazia partecipata, ma è debole per un aspetto, il più importante per mantenere un patto con gli elettori: la copertura economica. La riduzione del debito pubblico (pagina 9 del programma) si ottiene con non meglio specificati «interventi sui costi dello Stato» e con «il taglio degli sprechi». Stop. Per non parlare del «sussidio di disoccupazione garantito», la cui estensione andrebbe equilibrata con pesanti interventi sul mercato del lavoro. In più Grillo è contrarissimo alla legge Biagi, e dunque a ogni forma di contratto atipico.
I Cinque stelle ipotizzano un unico canale statale, «senza pubblicità, informativo e culturale, indipendente dai partiti». Sarà difficile tenere i conti a posto in una simile tv «cubana», che, essendo pubblica, dovrà forzatamente essere gestita da entità pubbliche, a meno che spariscano i partiti. Su altri aspetti si rischia la convergenza con movimenti estremisti. I grillini sono contrari alla linea d’alta velocità (Tav) Torino-Lione e gli antagonisti sono stati definiti da Grillo «persone perbene».
E qui c’è il problema del linguaggio. Con i «no» non si governa e non si unisce, con i «vaffa» non si dialoga e si divide.
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