Dissidenti? Traditori, come li definisce qualche militante? Semplicemente cittadini di buon senso, come li definisce qualcun altro? Come che sia, il MoVimento Cinque Stelle scopre nel suo primo fine settimana a Palazzo, e al primo bivio della sua breve vita - il voto per la presidenza del Senato- che c’è chi dice no, anche se nel segreto dell’urna volante, ai diktat dall’alto del duo Grillo-Casaleggio. E scopre anche la necessità di mitridatizzare il veleno del dissenso. È la democrazia, bellezza. Grillo urla dal suo blog: chi ha tradito lo dica e tragga le conseguenze. Ergo si dimetta. E c’è chi ha il coraggio di dichiarare la scelta di votare Grasso senza pagare pegno: come il senatore Francesco Campanella, che fa outing su Twitter . E il collega Francesco Molinari fa di più, criticando apertis verbis Grillo in persona per la sua fatwa online : «Mi sento di dirgli di stare sereno. Non c’è nessun traditore. Il M5S al Senato è unito. Meno reazioni isteriche e più fiducia! ».Alla fine l’unico che parla di dimissioni è il pontino Giuseppe Vacciano, che su Facebook ammette di aver votato Grasso: «Lunedì e martedì sarò a Roma per discutere l’opportunità delle mie dimissioni». E mentre il capogruppo, Vito Crimi, chiede invita ad evitare crocifissioni mediatiche e parla di «trappola delle solite volpi della politica» sempre su Facebook , interviene la capogruppo alla Camera Roberta Lombardi: «Vorrei che chi ha votato Grasso dichiarasse in trasparenza il loro voto e le loro motivazioni per permettere a tutti di giudicare il loro operato con serenità». Su tutto aleggia naturalmentel’ombradello scouting democratico. Un’opera di reclutamento annunciata qualche giorno prima del voto da Pier Luigi Bersani e che sabato ha portato i primi frutti al segretario del Pd: se sugosi o avvelenati lo scopriremo solo vivendo. In realtà i dissidenti a Cinque stelle garantiscono che nessuno ha cercato di comprare il loro voto. E infatti il sistema scelto da Gargamella e dai suoi spin doctor per «mangiarsi» qualche pedina del MoVimento è più insinuante: parte dalla certezza che la parte maggiore dei militanti grillini arriva dalla galassia della sinistra e parla quindi un vocabolario comune a quello veterocomunista dell’organigramma del Nazareno. Su questo terreno comune basta piantare il seme di qualche scelta ostentatamente antisistema come quella, per la presidenza delle due Camere, di due personalità eccentriche rispetto alla nomenklatura, per sperare di veder germogliare il dialogo. Più d’uno dei parlamentari a Cinque stelle ragiona così: sono uscito dalla sinistra e ho seguito Grillo per un cambiamento vero, ma se ora anche il Pd mi garantisce una rivoluzione in sedicesimo quasi quasi torno da loro. Anche se ieri il leader indebolito Beppe Grillo è tornato ad attaccare il Pd: «Boldrini e Grasso sono la foglia di fico del Pdmenoelle. Franceschini e la Finocchiaro erano indigeribili per chiunque, anche per gli iscritti. I parlamentari del pdmenoelle non riescono a esprimere un loro candidato. Non si fidano di sé stessi, soprattutto di sé stessi. Sanno di essere impresentabili e quindi devono presentare sempre qualcun altro». Non ci sono dubbi, il MoVimento è a una svolta. Sabato la spaccatura tra «bianchisti» e «grassisti». Ieri quella tra colpevolisti, innocentisti e pilatisti. Naturalmente nessuno- nemmeno tra i dissidenti - ammetterebbe nemmeno sotto tortura che lo strappo di sabato sdogani un possibile appoggio al governo Bersani, neppure «a progetto». Le distanze tra i M5S e gli altri si accorciano. Si pensi agli applausi rivolti a Laura Boldrini durante il suo discorso di insediamento alla presidenza della Camera.
Si badi alla soddisfazione malcelata con cui i cittadini militanti accolgono la rincorsa del Pd a un grillismo seppur di seconda mano: è la legittimazione da parte di quel sistema che vogliono abbattere. Come l’assassino che vuole farsi vedere dalla sua vittima prima di premere il... grilletto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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