Economia

I cattivi maestri del rigore

In ogni famiglia si è fatto quanto si poteva per rispondere alla crisi. Altrettanto non è stato fatto nella pubblica amministrazione

I cattivi maestri del rigore

Negli ultimi due anni le persone normali, quelle che si incontrano in metro, al cinema, che guidano l'auto da sole, che portano i bambini a scuola hanno stretto la cinghia. Le imprese normali, quelle che non hanno un prodotto rivoluzionario o un marchio riconosciuto in tutto il mondo, hanno tagliato dove potevano. Si può dire altrettanto della burocrazia che ci governa? Purtroppo no. Negli ultimi anni ci siamo concentrati sulla casta. Operazione sacrosanta, ma che rischia di mancare il bersaglio grosso. I politici hanno enormi responsabilità. Ma spostare il campo delle critiche dal terreno politico a quello degli sprechi, circoscrivendolo ai mille abitanti dei palazzetti romani, è riduttivo. Negli ultimi due anni (2012 e 2013) i consumi delle famiglie residenti (così si chiamano per la contabilità) sono crollati di 57 miliardi di euro, e alla fine di quest'anno rischiano di scendere sotto quota 800 miliardi. Nel medesimo intervallo di tempo gli investimenti fissi hanno fatto segnare un saldo negativo di 34 miliardi di euro. Si tratta (sono dati del Def) di più di 90 miliardi spesi in meno da cittadini e imprenditori. I primi hanno ridotto il loro tenore di vita, i secondi le aspettative sul loro futuro. Il comparto privato ha tirato la cinghia fino all'osso. È partendo da questi numeri (che è sempre bene considerare in termini assoluti e non percentuali per far capire in pieno l'emergenza) che nasce la pretesa di affamare la bestia statale, e cioè la burocrazia. In ogni famiglia si è fatto quanto si poteva per rispondere alla crisi. Altrettanto non è stato fatto nella pubblica amministrazione. Quando si parla della Banca d'Italia si evoca sempre l'eccellenza del suo personale. Non lo mettiamo in dubbio. Ma il suo costo annuo è pari a quello del Senato. Quando sentiamo i loro rappresentanti chiedere al governo di ridurre la spesa pubblica, applaudiamo. Tanto più che la richiesta parte dai tempi del governatore Fazio, cioè non da ieri. Ma un esamino di coscienza? Quando sentiamo i moniti europei sui nostri conti concordiamo sulla necessità di tenerli in ordine. Ma quella burocrazia asfissiante che tagli si è imposta? L'amministrazione «globale» della baracca europea costa la bellezza di 8,5 miliardi di euro ed è in crescita (più 2.5 per cento). I tagli fatti in Europa riguardano solo la redistribuzione delle risorse ai Paesi membri. I privati soffrono e continuano a produrre reddito. I burocrati non pagano e continuano a produrre norme, regolamenti e controlli.

Converrebbe ricordare ai secondi che i loro (intoccabili) stipendi e posti di lavoro sono pagati dai primi.

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