Roma - Bene, bravi. Ma niente bis sulla spesa pubblica. Il presidente della Commissione Ue Manuel Barroso è arrivato in Italia per assistere alla prima della Scala. Ma, per quanto il politico portoghese sia considerato più filo italiano rispetto a Olli Rehn, non ha lasciato spiragli al governo italiano, a caccia di sconti da Bruxelles. E ha sposato in pieno la linea del «ministro» europeo dell'Economia: niente sconti sul deficit, impegni sul debito da rispettare. Il tutto mentre in Italia arrivano simulazioni e studi che confermano come tutte le tensioni sui conti pubblici si traducano in maggiore pressione fiscale. Nel 2014, ha certificato la Cgia di Mestre, la pressione fiscale diminuirà dello 0,1%, ma nonostante ciò, gli italiani pagheranno quasi 6,1 miliardi di euro di nuove tasse. Apparentemente «un paradosso», ha segnalato la Cgia, ma «visti i dati presentati il 29 ottobre scorso dal ministro Saccomanni nell'audizione tenutasi presso le Commissioni riunite di Camera e Senato, le cose andranno proprio in questo modo, a meno che il Parlamento non le modifichi in sede di approvazione del disegno di legge sulla Stabilità».
Il fatto è che la pressione fiscale, al 44,2%, considera sia i contributi previdenziali sia il fisco. «Se la diminuzione della pressione contributiva interesserà solo gli occupati, l'aumento di quella tributaria - segnala il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi - ricadrà su tutti i cittadini, penalizzando soprattutto i pensionati e coloro che non lavorano. Purtroppo, questi ultimi non potranno beneficiare della contrazione del carico contributivo». Le entrate tributarie rispetto a quest'anno, aumenteranno di 17 miliardi di euro. In gran parte per effetto del previsto aumento del Pil, ma ci sono anche gli aumenti di tasse che sono, per l'appunto, intorno ai sei miliardi. Di questi, più della metà da imputare all'aumento dell'Iva scattato nell'ottobre scorso. Entrate alle quali il governo difficilmente potrà rinunciare. Il presidente della Commissione europea Barroso ieri ha di fatto sposato il richiamo di Rehn all'Italia, contro il quale si era scagliato il premier Enrico Letta. Il tetto del deficit al 3%? «È stato deciso da tutti gli Stati membri all'unanimità, non l'ha creato la Commissione europea». Dunque «non credo sia possibile modificare questa regola. Ciò che stiamo già facendo è applicare questa regola in modo non dogmatico, nel senso che non prendiamo in considerazione il deficit nominale ma quello strutturale e prendiamo in considerazione i cicli economici». Oltre alle deroghe già in vigore, insomma, niente da fare. Anche se, l'Italia - riconosce Barroso - appartiene al gruppo dei pochi Paesi che hanno tenuto sotto controllo i conti. «Il deficit è in ordine ma il debito pubblico rimane ancora molto elevato», ha spiegato a Che tempo che fa. I tassi? Vero che sono troppo alti ed è ingiusto. E la crescita, arriverà nel 2014. Da Rehn, è arrivato solo «una sfida amichevole sferrata all'Italia perché si vuole che sia decisa».
Il perché ad altri Stati non sia stata lanciata la stessa sfida, Barroso non l'ha spiegato. Ma si è detto preoccupato perché alle prossime elezioni europee cresceranno sicuramente i movimenti antieuropei. Chissà come mai.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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