Politica

"I vostri magistrati sono politicizzati"

L’ex direttore dell’Economist Bill Emmott: "Troppi abusi sulle intercettazioni, le toghe dovrebbero pagare per i loro errori"

"I vostri magistrati sono politicizzati"

Mister Emmott, 180mila prescrizioni nel 2011. Più di nove milioni di procedimenti pendenti. È bancarotta giudiziaria?
«È una situazione terribile. La giustizia rimandata è giustizia negata. Non si può attendere un tempo così lungo per una causa giudiziaria, con l’aggravante poi che molti di quei processi cadranno in prescrizione. Un sistema così è innanzitutto molto ingiusto e, in secondo luogo, assai nocivo per l’economia».

Secondo la Banca d’Italia l’inefficienza della giustizia civile comporta la perdita di almeno un punto di Pil.
«È un danno enorme che disincentiva tutti gli investimenti, italiani e stranieri, nonché l’espansione delle imprese. Alla bancarotta giudiziaria fa da contraltare un sistema carcerario al collasso per via del sovraffollamento, problema comune al Regno Unito con una differenza però: nel suo Paese il tasso di detenuti in attesa di giudizio non arriva al 15%, da noi raggiunge il 43% della popolazione totale».

Il sovraffollamento italiano è il prodotto dell’ampio ricorso alla carcerazione preventiva. Come lo spiega?
«Presumo che quelle persone siano ritenute pericolose. È evidente però che il sistema non funziona per tutti allo stesso modo: talvolta esso ha protetto alcuni, per esempio politici condannati in primo grado o persino in appello. Questo è un riflesso dell’incredibile inefficienza di tutto il sistema, che diventa ancora più ingiusto se pensa che a seconda del luogo in cui vivi puoi avere una giustizia di qualità oppure no: è un fatto ridicolo per un Paese occidentale».

A detta di alcuni la carcerazione preventiva dispensata con disinvoltura dai magistrati è diventata anticipazione di pena nei confronti di presunti non colpevoli. È d’accordo?
«È un sistema che non mi piace affatto. Direi che è un sintomo della lentezza dei processi e dell’inefficienza del sistema, al pari dell’uso scriteriato delle intercettazioni. È ingiusto che così tanti telefoni siano intercettati e che quelle conversazioni private siano trascritte e pubblicate sui giornali».

Il News of the World chiude i battenti sull’onda dello scandalo delle intercettazioni illegali. In Italia è ormai prassi comune.
«Guardi, capisco che l’Italia debba fare i conti con un problema enorme come la criminalità organizzata; di conseguenza la legge sulle intercettazioni è molto più generosa nei confronti di polizia e magistrati. Tuttavia c’è un limite. Non penso che debba essere sanzionato chi pubblica, ma chi agevola l’indebita divulgazione di notizie e conversazioni coperte dal segreto. Anche questa in fondo è una conseguenza dell’inefficacia della giustizia».

E che cosa fare quando sono i magistrati a ordinare le intercettazioni illegali di una persona (ad esempio come per l’onorevole del Pdl, Alfonso Papa, ndr)?
«A mio avviso, chiunque ordini di intercettare illegalmente una persona corre lo stupido rischio di vanificare un’eventuale sentenza di condanna. È una pratica ingiusta, un comportamento da stupido».

I magistrati dovrebbero rispondere personalmente dei loro errori?
«Certo, in qualunque sistema del mondo chiunque deve rispondere di quello che fa, che sia politico, giudice o poliziotto. L’indipendenza della magistratura è centrale in una democrazia costituzionale, ma ciò non significa ammettere l’irresponsabilità. I magistrati devono rispondere alla legge ed essere puniti se la violano».

Devono rispondere anche di tasca propria?
«Se la legge lo richiede, certamente. Il cittadino deve avere uno strumento concreto di rivalsa nei confronti del magistrato che abbia agito contro la legge».

Sull’Espresso ha scritto che alcuni magistrati italiani sono diventati troppo politici.
«Nel vostro Paese c’è in generale un’eccessiva politicizzazione in molti ambiti: la tv pubblica, le agenzie statali, i giornali, le fondazioni. I magistrati non sono da meno».

Qual è la ricetta contro questa eccessiva politicizzazione?
«Va ridotto il peso dello Stato. Con una spesa pubblica al 10% del Pil molte agenzie statali scomparirebbero e ciò consentirebbe di diminuire il potere di controllo in mano ai partiti».

Non si può dire che il governo Monti stia tagliando la spesa.
«Purtroppo no. Le tasse sono uno strumento emergenziale facile da azionare, ma ora servono i tagli veri. Negli ultimi quindici anni quando qualche governo ha ridotto il deficit lo ha sempre fatto a colpi di tasse».

Non possiamo chiudere l’intervista senza una domanda su Silvio Berlusconi. Secondo lei lascerà la politica?
«Berlusconi rimarrà in politica fino alla fine dei suoi giorni. Quanto a una sua candidatura alla presidenza del Consiglio, non la escludo.

Deciderà in base ad un calcolo puramente tattico, che risentirà inevitabilmente della futura legge elettorale».

Commenti