GLI IMMIGRATI

FirenzeLa rabbia, come la disperazione, ha molte facce e altrettante voci. Specie per chi dalla vita ha ricevuto ben poco, e all'improvviso si scopre nel mirino di un folle «offeso» dal colore della pelle. I volti sono rigati dalle lacrime o sconvolti dalla violenza, nel cuore multietnico del quartiere di San Lorenzo, a Firenze, mentre in gola si alternano litanie funebri e improvvise urla di dolore. C'è la rabbia gridata, che esplode in accuse contro tutto e tutti e vorrebbe spaccare ogni cosa. C'è quella silenziosa, raccolta, di chi recita preghiere e invocazioni in lingue sconosciute. E poi c'è chi approfitta del dolore dei senegalesi per gettare benzina sul fuoco: al corteo improvvisato di 600 persone partito nel pomeriggio da piazza Dalmazia - scena del primo duplice omicidio - ed arrivato davanti alla prefettura per poi trasformarsi in un presidio vicino al Duomo, si sono aggregati personaggi dei centri sociali e del mondo antagonista. Sarebbero stati loro, e non i senegalesi, a circondare un fotoreporter e portargli via due macchine fotografiche e un telefono cellulare.
Per tutto il pomeriggio la tensione si tagliava col coltello, a Firenze, sia durante il corteo - con alcuni motorini fatti cadere a terra e altri piccoli atti vandalici - che in San Lorenzo, e se non ci fosse stato qualcuno a cercare di placare la rabbia della comunità senegalese, le due zone della città sarebbero potute diventare altrettante polveriere: «Non dite che è un pazzo - spiega un giovane - perché un pazzo spara a caso. Lui no, ha scelto i fratelli africani. Voleva uccidere proprio noi». La polizia cerca il dialogo, spiega di essere dalla loro parte e di condividere il loro dolore. Ma è ferma nel ribadire: «Ragazzi, state calmi, non passate dalla parte del torto». I giovani senegalesi di San Lorenzo guardano l'angolo del parcheggio del mercato dove giace il corpo dell'uomo che ieri ha scaricato contro di loro tutto il suo odio. Non si accontentano di sapere che si è suicidato: vogliono vederlo morto, coi propri occhi. Un paio di persone - capipopolo e improvvisati portavoce della comunità senegalese presente - vengono scortati giù nel parcheggio a verificare di persona che il loro assassino sia morto. Solo a quel punto gli animi iniziano a calmarsi.

Ma solo un po', perché la rabbia è davvero tanta: la comunità senegalese - presente a Firenze da almeno trent'anni - conta oltre un migliaio di persone (tra regolari e clandestini), in massima parte venditori ambulanti più o meno abusivi, ma anche studenti e artigiani.

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