Imprenditori strozzati dal fisco Ora nelle piazze ci vanno loro

MilanoIn piazza ci saranno tutti. Dall'elettricista all'ingegnere. Dal costruttore all'agente immobiliare. Dal produttore di mattoni all'architetto. Centinaia, più di mille caschetti gialli che rappresentano l'intera filiera dell'edilizia, strangolata dalla più grossa crisi dal dopoguerra a oggi si sono dati appuntamento oggi di prima mattina, alle 9 nella piazza simbolo degli Affari, a Palazzo Mezzanotte per un'insolita protesta con tanto di megaschermo e invitati eccellenti.
L'hanno chiamata molto garbatamente la «giornata della collera», anche se il nome rimanda anche alla più rabbiosa ondata di ribellioni che lo scorso anno ha sconquassato l'Oriente. A dare la propria adesione sono stati operatori e professionisti di ben venti sigle che non si limiteranno a denunciare quello che Claudio De Albertis presidente di Assimprendil (una sorta di confindustria degli imprenditori edili) definisce senza troppi giri di parole un «baratro». «Siamo gente che costruisce, non demoliamo e basta - spiega De Albertis - Presenteremo ai politici le nostre proposte, vere, concrete». E da avviare entro 100 giorni. Il rischio? «La morte del settore», chiosa deciso.
Il manifesto con le cinque proposte sarà letto questa mattina ai candidati per la poltrona della Regione Lombardia Ambrosoli e Maroni, ma anche ai politici in corsa alle prossime elezioni nazionali, da destra a sinistra passando per il centro. Ci saranno infatti Vendola e La Russa, ma anche Maurizio Lupi e Oscar Giannino. Ci sarà il sindaco di Milano Pisapia e il presidente della Provincia. A loro sarà chiesto di rilanciare il settore. Semplicemente. Alla base una certezza, dichiarata. Con un miliardo investito nelle costruzioni si genera una ricaduta di 3,3 miliardi e 17mila nuovi posti di lavoro.
Invece. La fotografia che sarà portata questa mattina è ben diversa. Eccola. Quarantamila imprese chiuse negli ultimi tre anni. Una scia di centinaia di altre aziende ogni giorno, mese dopo mese in lotta per salvarsi dal fallimento. Oltre 360mila lavoratori (che diventano i 550 mila considerando anche i settori collegati) da un momento all'altro a casa, senza più un lavoro. E quel che è peggio senza neppure la prospettiva di trovarne uno. A fine 2013 gli investimenti nelle nuove costruzioni avranno perso il 54 per cento, trascinando giù a capofitto soprattutto le opere pubbliche con una caduta di oltre il 40 cento. «È una crisi strutturale, bisogna invertire la tendenza», lancia l'allarme De Albertis. Un altro dato. Solo nella provincia di Milano le gare per le opere pubbliche bandite dai Comuni sono scese dalle 1.268 del 2002 alle 307 del 2012. È una crisi senza precedenti. E senza precedenti sarà anche la protesta che parte da Milano ma solo perché questa città «è il motore dell'economia del paese», dicono. Un motore che viaggia ormai a scartamento ridotto. Anche qui i grandi cantieri sono fermi o in forte ritardo, gli appalti di piccole e medie dimensioni si sono ridotti dell'83 per cento dal 2012. Praticamente annientati. Le cause sono ben note a tutti. La mancanza di risorse e di investimenti. I pagamenti che ormai viaggiano a otto mesi. Eppoi l'accesso al credito, le anomalie bancarie.

Un esempio? Nel milanese un'azienda ha pagato oltre 600mila euro di interessi passivi alla banca, per poi scoprire che il 90 per cento non era dovuto». E ancora la pressione fiscale, la distorsione delle regole dell'amministrazione. Questo diranno i caschetti gialli oggi in piazza, in attesa di tornare in cantiere.

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