Imu, Tarsu, imposta di soggiorno Ora gli hotel chiudono per tasse

La denuncia di Federalberghi: "Alcuni dovranno sborsare 200mila euro per pagare il balzello sul mattone, meglio lasciare". A Cefalù la prima serrata

Chiuso per tasse. È la scelta disperata degli albergatori di Cefalù, la perla normanna della Sicilia, dove da oggi le luci sono spente nelle hall di tutti gli hotel: una pugnalata nella schiena per una città che vive di turismo. Già da tempo la crisi aveva eroso le presenze, ma a dare il colpo di grazia è stata l'ultima delibera, datata 30 ottobre, che ha portato l'aliquota Imu da 0,4% alla tariffa massima, 1,06 per cento.
«Ci sono alberghi che pagheranno anche più di 200mila euro: gli conviene piuttosto chiudere - è la provocazione di Nicola Farruggio, presidente della Federalberghi di Palermo - Tanto sarebbero costretti a farlo comunque, prima o poi: così non si può reggere. Negli ultimi tre anni abbiamo perso dal 30 al 40% del fatturato e nel resto della Sicilia la situazione non è diversa. E l'Imu non è tutto: ci sono anche l'aumento della Tarsu e la tassa di soggiorno, un salasso continuo. Qualcuno sta già pensando di abbandonare l'isola e investire piuttosto nella vicina, ma ben più conveniente, Malta».
Per questo, a Cefalù, dopo una notte passata a discutere, oggi gli albergatori, al di là delle associazioni di appartenenza, parlano con una voce sola, quella della protesta a oltranza. «Non siamo più imprenditori del turismo ma facchini del sistema tributario», dichiara Salvo Cimino, del Villa Gaia e Carlton Hotel. «Sacrifico oltre un mese l'anno togliendolo alla mia azienda per il disbrigo burocratico», sottolinea Giuseppe Neri del Costa Verde. Rincara la dose Anna Scilla, dell'Hotel Il Pescatore: «Ogni anno sono costretta ad aprire un mutuo per pagare le imposte».
«Da anni subisco le pressioni da parte dell'Agenzia delle entrate - lamenta Gerret Curcio, dell'Hotel Kalura - con sanzioni del 30% dell'imposta dovuta, perché non riesco a rispettare le scadenze ordinarie per cause di forza maggiore, legate alla crisi».

Difficili anche i rapporti con l'amministrazione comunale: «Mancano spiragli di dialogo», sottolinea Angelo Micchichè, de Gli Alberi del Paradiso. Anche se il sindaco, Rosario Lapunzina, non ci sta a passare per il killer del turismo cittadino: «Ascoltiamo e comprendiamo il grido d'allarme degli albergatori - dice ancora Lapunzina - Non condividendo, però, la serrata: se qualcuno ha in mente di consegnare le chiavi delle attività, precisiamo che l'indirizzo giusto non è il Municipio di Cefalù, bensì quello di Palazzo Chigi». E continua: «I pesanti tagli ai trasferimenti richiedono l'aumento di imposte come l'Imu, così come è accaduto nella stragrande maggioranza dei comuni. L'aumento all'1,06% per gli immobili oltre la prima abitazione, non è una peculiarità di Cefalù. Alla stessa stregua hanno operato città come Palermo, o centri turistici come Taormina».

E come altre città italiane: Sanremo, per esempio, dove gli albergatori esaperati hanno presentato un ricorso al Tar contro le delibere del Comune che ha alzato l'aliquota Imu al livello massimo. Dalla città dei fiori alle Eolie, dove gli albergatori sono sul piede di guerra per gli aumenti dell'Imu: un hotel medio-piccolo può pagare anche 40mila euro rispetto alle 17mila dell'Ici.

«Importi che di fatto valgono doppio - sottolineano alla Federalberghi eoliana - considerato che qui le strutture ricettive rimangono aperte per circa sei mesi: così rischiamo di ridurli a cinque, con le immaginabili conseguenze sui posti di lavoro».

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