Ingroia e Idv lo sbranano: Bersani chiuso in difesa sull'affaire Montepaschi

Ha avuto grande successo sui social network la bellicosa frase con cui Pier Luigi Bersani ha dato il via al contrattacco Pd sul caso Siena: «Vi sbraneremo». Un innalzamento dei toni studiato a tavolino per uscire dall'angolo in cui il partito stava per finire, e sollecitato dai segretari regionali del Pd che nei giorni scorsi - visti anche gli scricchiolii dei sondaggi - avevano espresso al segretario la loro preoccupazione: «Non possiamo continuare a giocare in difesa per il resto della campagna elettorale, dobbiamo far vedere che reagiamo e che non ci lasciamo infilzare come se avessimo davvero qualche scheletro nell'armadio», spiega uno di loro.
Bersani ha ringhiato forte, e il messaggio è sicuramente passato. Solo che ora il gusto un po' cannibalesco per lo «sbranamento» sta dilagando soprattutto a sinistra. E anche nello stesso recinto Pd, come dimostra la durissima intervista rilasciata ieri a Repubblica dall'attuale presidente della Cassa depositi e prestiti, Franco Bassanini. Il quale era stato azzannato qualche giorno fa da Ugo Sposetti, e ha risposto per le rime. L'ex tesoriere dei Ds ha sposato con la sua proverbiale veemenza la linea difensiva del Pd, che (il «la» lo ha dato D'Alema) ha innalzato l'ex sindaco Ds di Siena Ceccuzzi al ruolo di unico oppositore delle malefatte Mps: «Il vero eroe di questa operazione è lui». Quanto a Bassanini, da sempre critico del ruolo dei post-Ds nelle vicende bancarie (e a suo tempo uno degli sponsor di Mussari), Sposetti lo attacca (con un velato riferimento alla massoneria): «Come fa ad occupare quel posto? Che ne sa uno come lui di depositi e prestiti? Mi dia retta, nel caso Mps non c'è la politica ma altri interessi». Bassanini reagisce: «Nessuno al mondo può sostenere che io sia massone». E spiega perché Sposetti, Visco e tutto il mondo dalemiano puntano il dito contro di lui: «È una storia già scritta dai giornali del 2005: hanno ancora il dente avvelenato con me dai tempi in cui il Monte non si allineò ad un'operazione che era molto cara a quel gruppo», ossia la scalata di Unipol a Bnl. E, in cauda venenum, Bassanini accenna anche all'«eroe» Ceccuzzi esaltato da D'Alema e Sposetti: «Sa chi mi presentò Mussari, 13 anni fa, dicendo che sarebbe stato un ottimo presidente per la Fondazione? Proprio Ceccuzzi. Avevano le stesse idee su come il Monte avrebbe dovuto muoversi fuori dalle mura di Siena». Ad esempio, si immagina voglia intendere l'ex parlamentare Ds, nell'operazione Antonveneta che Ceccuzzi lodò assai. Ma anche al tandem Ingroia-Di Pietro, alla sinistra del Pd, non è parso vero di poter affondare gli artigli nella «questione morale» e bancaria che lambisce il partito di Bersani. Come l'orco di Pollicino («Ucci ucci, sento odor di cristianucci»), Ingroia assicura di «sentire odor di tangenti», e denuncia il «malsano intreccio tra politica e affari». Di Pietro dice di aver «letto le carte» e di «sapere per certo che coloro che governavano la banca avevano un obbligo addirittura paragiuridico (sic, ndr) di finanziare pro quota esponenti del Pd».


E se al centro Monti spara sul Pd per il caso Mps, e Bersani gli risponde ricordandogli che ha candidato il potente ex Pd (democristiano) Monaci, prima compare e poi avversario di Ceccuzzi, tra i due Casini curiosamente sceglie di rifilare un'unghiata al Prof: «Monaci candidato? Chiedete a Monti».

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