Insulti e assenze: la Regione Sicilia licenzia Battiato

Li aveva reclutati per la sua giunta-tsunami per fare scrusciu, come si dice in siciliano, rumore. E di rumore, a fasi alterne, ne hanno fatto tanto, non per gli atti amministrativi prodotti (più o meno zero) ma per le uscite in libertà. Però di scrusciu, rumore, Franco Battiato, assessore a Turismo, Sport e Spettacolo impegnato più nella sua tournée che nelle scartoffie burocratiche, con la sua euro-dichiarazione sulle «troie in Parlamento» ne ha fatto tanto, troppo. Indifendibile. E così, dopo meno di quattro mesi, il governatore (...)

(...) di Sicilia Rosario Crocetta ha gettato la spugna: delega revocata al cantautore, con tante scuse ai parlamentari. Già che c'era, il governatore Pd ha cacciato dalla squadra anche il fisico Antonio Zichichi, che con le sue uscite pro nucleare grattacapi ne aveva creati non pochi, soprattutto con i grillini con cui Crocetta per sopravvivere flirta a tutta forza.
«Il tempo, cambia molte cose nella vita, il senso di amicizia e le opinioni...», cantava Battiato in Segnali di vita, brano celebre del suo album forse più celebre, La voce del padrone. E Crocetta, che appena due settimane fa lo aveva difeso a spada tratta dalle accuse di «latitanza» dalla Sicilia, l'opinione l'ha cambiata: «Ho provato molto dolore – ha detto – ma non potevo fare altro, non si possono accettare certe affermazioni che avevano prodotto un problema con le altre istituzioni. Sono rimasto paralizzato sentendo quelle parole. Ho passato una notte insonne e ho deciso. Del resto, Battiato aveva già capito. Le rivoluzioni, è vero, bisogna portarle avanti, io stesso sono rivoluzionario, ma questo non significa non rispettare le istituzioni che devono essere rinnovate, cambiate, ma non oggetto di disprezzo. Per me Battiato è un mito e un amico, ma non potevo accettare questa situazione che metteva tutta la Regione in difficoltà».
Non che il rapporto col cantautore catanese (che ha replicato a Radio24 con un laconico «Lasciatemi tranquillo. Ne parleremo tra qualche giorno. Vengo da un tour massacrante»), che sin dall'inizio ha precisato di non avere alcuna intenzione di rinunciare a concerti e attività artistica, sia stato proprio liscio. Prima le assenze, troppe. Poi alcune uscite politiche in campagna elettorale, con il Pd e Crocetta che correvano con proprie liste mentre lui in solitaria distribuiva endorsement a Ingroia e ai Cinque stelle. E ancora, la denuncia sui fondi: «L'assessorato non ha un euro, hanno rubato tutto». Negli ultimi giorni il patatrac. Prima la dichiarazione choc sulla destra italiana a Parigi, dopo il concerto all'Olympia: «È una cosa che non appartiene agli esseri umani». Infine due giorni fa al Parlamento europeo, nella veste istituzionale di assessore siciliano al Turismo: «Queste troie che si trovano in Parlamento farebbero qualsiasi cosa. È una cosa inaccettabile. Sarebbe meglio che aprissero un casino...». Il putiferio, dalla presidente della Camera Laura Boldrini in giù. Inutile il goffo tentativo di Battiato di aggiustare il tiro, precisando che non si riferiva a questo Parlamento. La stessa Boldrini, ieri, si è detta soddisfatta: «Quanto accaduto era veramente oltraggioso. La scelta del governatore è una misura condivisibile». Applausi per il siluramento del cantautore anche al Senato, cui il governatore ha inviato una lettera di scuse che è stata letta in Aula dal presidente Pietro Grasso.
Diverso, ma non meno clamoroso, il divorzio di Crocetta da Zichichi, ormai ex assessore ai Beni culturali. La rottura era nell'aria. Assenze a parte, troppi gli scontri, troppe le volte in cui Crocetta era stato costretto a smentire il suo assessore, dal «sì» al Muos (il centro radar americano di Niscemi che il governatore ha bloccato a furor di M5S) alle prese di posizione pro nucleare. Per non parlare delle polemiche iniziali, il conflitto d'interesse di Zichichi, assessore ai Beni culturali, col figlio che aveva gare d'appalto aperte proprio con quell'assessorato. «Di Zichichi non se ne poteva più, bisognava lavorare e invece lui parlava di raggi cosmici...», ha commentato Crocetta. E il fisico, inviperito, gli ha risposto: «Tra me e lui profonde divergenze culturali, ha deciso di non provare nemmeno a voltare pagina».
Per il momento, Crocetta tiene per sé le deleghe. Il toto nomi è già partito. Ma di tutti i papabili il governatore ne salva solo uno, a lui affettivamente molto vicino: il suo amico Antonio Presti, artista, mecenate, presidente dell'associazione culturale Fiumara d'arte. Da tempo il governatore ha trasferito a Castel di Tusa (Messina), nell'albergo-museo Atelier sul mare di Presti, il suo quartier generale, dove si rifugia appena può. E ha anche candidato Presti al Senato, numero due della sua lista, «Il Megafono». Ma il senatore eletto è stato uno solo. Adesso Crocetta lo vorrebbe come assessore ai Beni culturali: «Tutto il mondo mi chiede di scegliere Presti – dice il governatore in un'intervista a LiveSicilia –. Solo che lui non vuole fare l'assessore neanche morto. Spero di riuscire a convincerlo».

segue a pagina 6

Mariateresa Conti

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