Investire nelle grandi opere unica ricetta per il rilancio

La strada per i neoministri Zanonato e Lupi è segnata: adesso lo Stato deve finanziare nuove infrastrutture, sfruttando i project bond ideati da Passera

Investire nelle grandi opere unica ricetta per il rilancio

Nel nuovo governo, il compito maggiore competeranno al ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato e al ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi per la ripresa della crescita. Questo è il momento buono per rilanciare le infrastrutture e il credito agevolato per gli investimenti. Però c'è un ingorgo. Da un lato, come ha rilevato Nicola Porro ieri, l'onda di piena della liquidità mondiale sta inondano i mercati, a causa della espansione monetaria del Giappone e degli Usa. Gli investitori sono alla ricerca di impieghi per il denaro che prendono a bassissimi tassi. Però Moody's, due giorni fa ha degradato la nostra prospettiva economica nel 2013, stimando che la recessione non sarà dell'1%, ma dell'1,8%.
Il mondo gronda di liquidità, ma la nostra economia reale non se ne abbevera, ne è tagliata fuori, a causa del fatto che le nostre banche hanno bassi parametri patrimoniali, quindi non possono prestare denaro oltre un certo quantum. Ma c'è anche il fatto che investire adesso appare rischioso. Della liquidità mondiale che è alla ricerca di investimento, in Italia per ora ne approfitta solo il Tesoro che piazza i Bot a sei mesi al tasso dello 0,5, un minimo storico, con una vendita di titoli per 8 miliardi, mentre la domanda era di 11. Questo eccesso di domanda a un tasso basso, mostra che c'è denaro sia per il Tesoro, che per l'economia.
Il mercato non si riprende da sé. È tramortito dalle tasse, in particolare le minipatrimoniale sulle case, che ha impaurito le famiglie e depresso il mercato edilizio. Uno sgravio per la prima casa può ridare mezzi e fiducia alle famiglie. Ma occorre una spinta aggiuntiva all'investimento, per risalire la china, data la depressione in cui siamo caduti. La via maestra c'è. Consiste nel rilancio delle infrastrutture e dell'edilizia, una ricetta tradizionale. Questo rilancio lo avevano anche chiesto la Bce e la Commissione europea nel 2011 e ci stava lavorando il ministro dello Sviluppo Romani, del governo Berlusconi. Poi nel governo Monti ci ha lavorato il ministro dello Sviluppo Passera, che ha emanato un decreto che, secondo le valutazioni fatte lo scorso anno, dovrebbe mettere in moto 80 miliardi di opere. Ma ciò non accade. Bisogna essere più concreti, di ciò che è stato fatto con tale testo pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale. Un punto fondamentale, da recuperare, che c'era nella bozza di decreto Romani era quello dello snellimento delle procedure delle pubbliche amministrazioni per attuare le opere e delle autorizzazioni di cui si debbono dotare le imprese per realizzare le proprie iniziative. Questo, più in generale, è uno 8 punti del programma Pdl. Nel testo del decreto Passera, che in parte è un libro dei sogni, c'è però uno strumento importante che è il momento di attivare, i cosiddetti «project bond». Ossia obbligazioni emesse per finanziare progetti di infrastrutture, che sono collegati al loro ricavo, ma sono assistiti da una garanzia da parte di un altro operatore (privato o pubblico). Essi dovrebbero essere utilizzabili anche per opere già in essere, che si sono arenate o stentano a partire. Bisogna, comunque, adoperare anche altri mezzi, per ridurre al minimo l'esborso sul bilancio pubblico e attivare la massimo il finanziamento di mercato, come la partnership pubblica e privata, e l'investimento privato a cui l'ente pubblico garantisce un canone annuo, diventando, dopo 30 anni proprietario dell'opera.
L'autobus della liquidità finanziaria internazionale sta passando ora e bisogna salirci in tempo. Il governo non può stare a guardare.

In particolare, il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni dovrà coadiuvare quello dello Sviluppo, trovando, nel bilancio, le risorse pubbliche per il rilancio degli investimenti, ma soprattutto mobilitando gli strumenti di finanziamento di mercato che ha e che sono cospicui, ma male utilizzati, come la Cassa depositi e prestiti e le sue società, che possono far prestiti raccogliendo i soldi sul mercato, senza generare debito pubblico, perché non fanno parte dell'operatore «governo».

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