«Italia in emergenza. Serve una cura d'urto»

«Italia in emergenza. Serve una cura d'urto»

RomaNelle stesse ore in cui il Fondo monetario internazionale annuncia che per l'Italia il 2013 sarà un altro anno di recessione, con il pil in calo dell'1%, la Confindustria lancia il grido d'allarme. «Siamo in emergenza economica e sociale», avverte il presidente Giorgio Squinzi, che chiede con forza alla politica l'attuazione di una «terapia d'urto» per riconquistare la crescita economica, creare lavoro e rimettere le imprese al centro dell'interesse nazionale. «Servono scelte immediate e coraggiose, altrimenti - aggiunge Squinzi - non cresceremo più dello 0,5% l'anno».
Non è, quello degli industriali, un appello accorato ma generico. Sul piatto Squinzi mette proposte concrete: le amministrazioni pubbliche devono pagare alle imprese i 48 miliardi di debiti commerciali accumulati: è necessario tagliare dell'8% il costo del lavoro nel settore manifatturiero e cancellare per tutti l'Irap che grava sull'occupazione; bisogna lavorare 40 ore in più l'anno, pagate il doppio perché esenti da tasse e contributi; è urgente ridurre l'Irpef sui redditi bassi; aumentare del 50% gli investimenti in infrastrutture, sostenere gli investimenti in ricerca e rendere meno costosa l'energia.
Se queste proposte venissero attuate, afferma il presidente di Confindustria, nel giro di 5 anni il tasso di crescita s'innalzerà al 3% e il pil aumenterà di 156 miliardi di euro, più di 2.600 euro per abitante. Il reddito delle famiglie che vivono di lavoro dipendente sarà, nel 2018, più alto di quasi 4mila euro. La pressione fiscale scenderebbe al 42,1% e la spesa corrente calerebbe dal 42,9% del pil al 36,9%, il tasso di disoccupazione si ridurrebbe all'8,4%, grazie alla creazione di 1 milione e 80 mila posti di lavoro. L'insieme delle misure della «terapia d'urto» mobiliterebbe in cinque anni qualcosa come 316 miliardi di euro.
La valanga di cifre e di stime non nasconde il messaggio forte che le imprese mandano a chi governerà dopo le elezioni di fine febbraio. L'Italia è di fronte a un «alto rischio di una distruzione della base industriale». L'unica scelta è quella di tornare a crescere, riportando il settore manifatturiero al centro dell'attenzione. Allo stesso tempo, bisogna andare avanti con le riforme, anche correggendo quelle già fatte. «La riforma Fornero non è stata sufficiente per una vera liberalizzazione, dobbiamo rendere più flessibile il mercato del lavoro», osserva Squinzi. Bisogna ridurre la burocrazia e i tempi della giustizia, eliminare gli ostacoli al fare impresa.
L'alternativa a tutto questo è il declino, sostiene Confindustria. È un appello-avvertimento che non guarda ai colori della politica, si rivolge a tutti i partiti in lizza. E a chi gli ricorda che ci sono «autorevoli esponenti» di Confindustria candidati nel Pd (l'ex direttore Giampaolo Galli) e con Mario Monti (l'ex vicepresidente Alberto Bombassei), Squinzi precisa: «Sono autorevoli esponenti del passato. Chi si candida si autoesclude dal sistema».
A fronte delle ricette della Confindustria, il Fmi ci riporta alla dura realtà di oggi. L'economia crescerà meno del previsto nel mondo, in Europa e in Italia. L'Eurozona accuserà il secondo anno di recessione (-0,2%). L'Italia farà peggio della media con una riduzione del pil pari all'1 per cento. La crescita dovrebbe farsi rivedere nel 2014, ma molto modesta: +0,5 per cento.

Rimangono sfide difficili per Paesi come Spagna e Italia, afferma il capo economista del Fmi Olivier Blanchard. Nel nostro Paese si sono attuate azioni dolorose, «ma l'Italia era sotto un'enorme pressione dei mercati, e non c'era scelta».

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