Con quell'aria un po' così, da desperate housewife di Brooklyn, certo Janet Yellen non può competere con gli impeccabili tailleur Chanel di Christine Lagarde. Ma in fondo, che importa, quando sei a un passo dalla presidenza della Federal Reserve, quando dunque stai per diventare la donna più potente del mondo? Con il ritiro annunciato domenica sera da Larry Summers, quella della Yellen è praticamente una corsa in solitaria verso la poltrona occupata da Ben Bernanke. I mercati hanno gradito, con rialzi attorno all'1%, conoscendo vita e miracoli di questa ex professoressa di Harvard, allevata con dosi massicce di keynesismo e nutrita coi precetti redistributivi di James Tobin. Sanno che dietro tutte le manovre di stimolo monetario, una sorta di regista occulto, c'è sempre stata lei, la «marxista» con un unico obiettivo: far crescere il Paese. A ogni costo. Difficile, quindi, immaginarla come l'artefice di una brutale rimozione degli aiuti, anche se il suo limite potrebbe essere proprio quello di continuare a ragionare solo in chiave espansiva.
Ad ogni modo, la probabile affermazione della Yellen dimostra il progressivo consolidamento del pink power ai vertici dell'economia mondiale. C'entra forse l'antica capacità femminile di maneggiare il denaro derivata dalla gestione dei budget domestici; ma può anche essere la diretta conseguenza di una certa contiguità col potere maschile, sapientemente coltivata negli anni per assorbirne schemi, logiche e comportamenti.
A collocarle in cima alla piramide, però, c'è quasi sempre la scelta fatta da un uomo. Sarà così anche per la Yellen, la cui investitura dipende da Barack Obama. Oppure prendete il caso di Nicholas Sarkozy: fu lui a volere la Lagarde alla testa del Fondo monetario internazionale dopo lo scandalo sessuale che aveva travolto Dominique Strauss-Kahn. Christine ogni tanto fa la voce grossa con l'Europa, talvolta s'impapera in qualche gaffe imperdonabile e non ha mai goduto di buona stampa. Visto che gestisce un potere enorme, i suoi detrattori passano con disinvoltura dal «non capisce nulla di economia» al «va dal parrucchiere tutti i giorni nella settimana di assemblea del Fmi». A Sarko deve tutto, a cominciare dalla carriera politica culminata con una poltrona da ministro dell'Economia. La liaison ha prodotto qualche effetto collaterale, tipo un'inchiesta giudiziaria per aver favorito un risarcimento milionario a Bernard Tapie dietro pressione dell'allora presidente francese. Poi, c'è il coté sottomesso, a metà strada tra «Histoire d'O» e «Cinquanta sfumature di grigio», svelato nelle lettere in cui dice a Sarko: «Fai di me quello che vuoi». Insomma: al cuor non si comanda.
Legate a filo doppio con Vladimir Putin sono invece la presidente della Banca di Russia, Elvira Nabiullina, e la sua vice, Ksenia Yudayeva. Entrambe hanno un look da maestrina, ma pur essendo considerate due colombe in materia di politica monetaria sanno benissimo come manovrare cifre e potere. Chi invece non ha più bisogno di sponde maschili è Angela Merkel: dal 2005, anno della sua nomina a cancelliera, ha costruito attorno a sé un'immagine dura, durissima.
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