«L’Europa e la Nato non ci possono mollare»

I processi ai militari si fanno in patria

«L’Europa e la Nato non ci possono mollare»

Da generale ha comandato la missione Nato in Afghanistan ed è entrato in Kosovo alla testa delle truppe italiane. Senatore del Pd, Mauro Del Vecchio, chiede l’intervento dell’Europa e dell’Onu nel caso dei due marò incarcerati in India.
Senatore siamo rimasti con il cerino acceso in mano, anche se il contrasto alla pirateria è un’impegno internazionale?
«Effettivamente è così e ne sono negativamente colpito. Le missioni antipirateria che stiamo svolgendo sono simili a quelle di altre nazioni a noi molto vicine. Quello che è successo in India non riguarda solo l’Italia, ma interessa tutti i Paesi che si sono mobilitati contro i pirati».
Come fa la baronessa Ashton, «ministro degli Esteri» dell’Unione europea, a dire che la faccenda è di esclusiva competenza italiana?
«È contraddittorio tenendo conto che a Bruxelles richiama sempre l’ideale europeo di organizzazione sovranazionale che unisce gli intenti dei nostri Paesi. È auspicabile che su questioni di principio, come il caso dei marò, ci sia una chiara e netta solidarietà europea».
La Ue sostiene che non abbiamo chiesto aiuto...
«A prescindere dall’aiuto, chiesto o meno, credo che l’Europa avrebbe dovuto essere più vicina all’Italia in questo frangente».
La Farnesina non ha adottato fin dall'inizio una tattica troppo soft?
«Conosco Staffan De Mistura (il sottosegretario agli Esteri impegnato in India, nda) e so che ha operato con incisività fin dal primo momento. Non possiamo uscire dai binari dell’intervento diplomatico. Il problema è costituito dall’India. Non stiamo difendendo l’innocenza o meno dei nostri marò, che va verificata, ma ribadiamo il rispetto del diritto internazionale. Questa vicenda va esaminata fino in fondo ma dalla magistratura competente, ovvero quella italiana».
Non è stato compiuto qualche errore all’inizio come aver permesso alla nave di rientrare in porto?
«Appare a tutti un fatto stranissimo, ma la nave è tornata indietro perché le autorità indiane avevano chiesto di riconoscere i pirati».
Si può interessare anche la Nato, dato che i marò sono fucilieri che fanno parte dell’Alleanza atlantica?
«Sono soldati italiani e quindi della Nato, anche se non c’era alcun mandato diretto nella missione antipirateria. I due marò dovrebbero godere di uno status particolare, come gli altri militari in missione all’estero. Non è un’immunità, ma una garanzia, come capita in Afghanistan, che la giurisdizione di quello che accade durante le operazioni dei nostri militari spetta all’Italia. Quando si opera nelle acque internazionali, però, non si possono fare accordi con tutti i Paesi del mondo. Per i militari in servizio sulle navi mercantili dovrebbe valere la stessa salvaguardia delle altre missioni all’estero. E non dimentichiamoci che oggi è toccata a noi e domani può capitare a un alleato».
L’Onu non dovrebbe intervenire visto che ha dato il beneplacito alle missioni antipirateria?
«Certo non per scagionare i marò, ma per ribadire il rispetto del diritto internazionale. L’assurdità della vicenda è che l’Italia sta chiedendo esclusivamente l’applicazione di queste norme».
Lei è senatore del Pd, ma il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, si è rifiutato di esporre le foto dei marò. Cosa ne pensa?
«Penso che in questa vicenda la linea di condotta di tutto il paese, che spetta pure alle forze politiche in maniera bipartisan, sia la ricerca della verità sulla base del diritto internazionale. Sarà poi il Comune di Milano a dover giustificare scelte diverse, non io».


Se i marò venissero condannati (qualcuno in India chiede addirittura la pena di morte) cosa dovrebbe fare l’Italia?
«Non accadrà, ma se si arrivasse a tanto il nostro Paese dovrebbe chiamare in causa le organizzazioni internazionali facendo presente che il problema da italiano diventerebbe del mondo intero».
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