È una folla composta quella che, sotto un cielo di nuvole gonfie, sale lentamente l'erta che porta alla chiesa San Giovanni Battista e alla cappella di Nostra Signora della Pace, fatta erigere negli anni settanta a memoria dell'illustre cittadino Angelo Giuseppe Roncalli, nato a pochi metri da qui. È una folla di famiglie, di mamme con passeggino, di anziani ma anche di giovani, espressione di un cattolicesimo popolare; una folla mite anche oggi nel giorno dell'orgoglio, stimata in cinquemila persone dal sito dell'Eco di Bergamo. In cima alla scalinata, sul sagrato sono appostati i gazebo delle televisioni e mentre si attende l'inizio della cerimonia, ecco comparire Giorgio Gori, bergamasco doc, con Cristina Parodi. «C'è un evento così a dieci chilometri da casa, non potevo mancare», sembra giustificarsi il candidato sindaco per il cartello della sinistra, sfidante di Franco Tentorio, primo cittadino uscente, che unifica il centrodestra. «Mi ha invitato Fabrizio, uno dei pronipoti di Roncalli, che è stato mio compagno di scuola...». Fotografi e giornalisti locali si assembrano.
Nella chiesa parrocchiale è stato allestito un maxischermo per la visione in 3D della diretta da Piazza San Pietro di SkyTg24 e permessa dagli occhialini che si ritirano all'ingresso. Anche la gente semplice gode i vantaggi della tecnologia avanzata. La globalizzazione è arrivata pure a Sotto il Monte, paesino di 4.300 anime che, dopo la morte del suo Papa, ha aggiunto «Giovanni XXIII» alla toponomastica. Ma è una globalizzazione che si sposa con l'appartenenza alla propria terra. Del resto il solito Eco di Bergamo, qui poco meno che vangelo, ieri titolava uno dei suoi editoriali: «Le radici a Bergamo di un Papa globale». Non a caso, dopo l'applauso all'inizio della cerimonia nel momento in cui papa Francesco si avvicina per salutare Benedetto XVI, ne arrivano altri quando Bergoglio ringrazia i pellegrini della diocesi di Bergamo.
La chiesa è gremita, nella Cappella della Pace non si entra e anche il prato adiacente, dove invece si segue la diretta del Tg1, è affollatissimo. Per molti dei presenti, però, la giornata è anche una gita turistica, un'occasione per visitare il paese del «Papa buono». Scendendo sulla sinistra, oltrepassata la chiesa dove fu battezzato il giorno stesso della nascita, si arriva alla casa natale: «In questa cascina - recita la targa - il 25 novembre nacque Angelo Giuseppe Roncalli, quartogenito di Giovanni Battista e Marianna Mazzola. Chiamato dalla Provvidenza alla successione dell'apostolo Pietro, volle chiamarsi Giovanni XXIII. Qui egli trascorse la sua infanzia...». All'interno, un giardino ben curato. Poi una grande sala dove alcune centinaia di fedeli seguono la diretta della cerimonia. In una stanzetta ecco una mostra di foto e giornali d'epoca (l'Eco dell'elezione, 29 ottobre 1958: «Con immensa gioia abbiamo - in rosso cubitale - Papa Roncalli», quello della morte, 4 giugno 1963, definita «Il sereno transito del Santo Padre»), poi un percorso video, mostre di ritratti, non tutti bellissimi, di Giovanni XXIII e dei pontefici del Novecento, allestite in stanzette della cascina ristrutturata che un tempo doveva somigliare a quelle de L'Albero degli zoccoli. Niente bancarelle disordinate, l'eccesso di merchandising visto in altri luoghi della devozione popolare. Tutto ha un carattere sobrio. Bergoglio impartisce la benedizione. E il popolo del «Papa buono» sciama verso casa.
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