L’agenda Monti non esiste. Si tratta solo di un altro imbroglio, dopo quello dello spread , offensivo per la nostra democrazia, di quegli opportunisti di casa nostra di tante ambizioni ma di pochi voti che si vogliono appropriare del marchio Monti «a prescindere», come direbbe Totò. E che non sanno di cosa parlano. Riassunto delle puntate precedenti. Sono state le banche tedesche a causare la crisi, per risolvere i loro problemi interni (titoli tossici e relativo rischio di ricapitalizzazione), vendendo, a giugno 2011, obbligazioni in loro possesso del debito sovrano greco e italiano al fine di attrarre capitali, così da ridurre i rendimenti dei titoli di Stato tedeschi con conseguente febbre sui rendimenti dei titoli dei Paesi più esposti in termini di livello del debito o di debolezza bancaria, innescando la reazione a catena che ha finito per mettere in crisi lo stesso euro.
Di conseguenza,nell’ultimo anno, gli investitori (le solite 20 grandi banche e società finanziarie che fanno il bello e il cattivo tempo sui mercati) hanno chiesto un premio molto alto per comprare titoli del debito pubblico dei Paesi più fragili dell’Eurozona, commisurato proprio al rischio di breakup , cioè di fallimento, della moneta unica, legato al fatto che le istituzioni europee, in ragione dell’imperfetta architettura della moneta unica, non sono state in grado o non hanno voluto rispondere agli attacchi speculativi scatenati dalla spericolata manovra delle banche tedesche. Di tutto questo maledetto imbroglio ha beneficiato, e continua a beneficiare, la Germania, che ai guadagni già accumulati dal 1999 in termini di surplus della bilancia dei pagamenti, senza alcun meccanismo redistributivo, grazie a un euro strutturalmente sottovalutato rispetto ai suoi fondamentali economici, ha aggiunto una riduzione dei rendimenti dei suoi titoli di Stato, dal 3% medio degli anni precedenti la crisi all’ 1,5% attuale, derivante proprio dalla corsa all’acquisto di Bund da parte degli investitori che, in un contesto europeo di indecisione e incertezza, l’hanno ritenuto l’unico «bene rifugio » in Europa. Obiettivo raggiunto, dunque, per i tedeschi: aumento della domanda di titoli di Stato, aumento del loro valore e riduzione dei rendimenti (valore e rendimento sono grandezze inversamente proporzionali). La finanza tedesca, privata e pubblica, ha trasferito la crisi potenziale del suo sistema bancario e del suo debito sovrano sui Paesi più fragili dell’Eurozona. Alla faccia delle regole e della solidarietà.
In Italia la tempesta perfetta ha comportato, nell’ultimo anno, oltre a un insopportabile aumento dei rendimenti dei titoli di Stato, con punte fino a oltre il 7%, un traumatico cambio di governo da uno democraticamente eletto a uno tecnico che in primavera porterà a termine il suo mandato dopo aver attuato una folle politica sangue, sudore e lacrime, che ha definitivamente messo in ginocchio il Paese.
Ci si domanda cosa succederà per il dopo, attribuendo ai soliti mercati, magari capeggiati dalla solita Merkel, una pressante richiesta di continuità, non si capisce di che cosa: se del governo tecnico, di contenuti programmatici o di mera immagine. Da qui, nel triste dibattito di casa nostra, nasce l’equivoco dell’agenda Monti, senza che nessuno finora si sia chiesto cosa voglia effettivamente dire. Proviamo a farlo noi.
Allo stato attuale, l’unica agenda vera, di cui Monti si è consapevolmente, esplicitamente e inevitabilmente appropriato, ha un altro nome: Berlusconi. Questa agenda constava e consta di 2 punti fondamentali: gli impegni presi con la Bce e con il Consiglio e la Commissione europea, rispettivamente in ragione della lettera ricevuta dal governo italiano il 5 agosto 2011 e della lettera inviata dal governo italiano il 26 ottobre 2011.
Ne è derivata una serie di impegni che riguardavano, in sostanza, rigore e riforme. Rigore, cioè pareggio di bilancio nel 2013, inserimento del relativo vincolo in Costituzione e approvazione del fiscal compact . Riforme, cioè l’insieme del pacchetto concordato con l’Ue in tema di promozione e valorizzazione del capitale umano; efficientamento del mercato del lavoro; apertura dei mercati in chiave concorrenziale;sostegno all’imprenditorialità e all’innovazione; semplificazione normativa e amministrativa; modernizzazione della pubblica amministrazione; efficientamento e snellimento dell’amministrazione della giustizia; accelerazione della realizzazione delle infrastrutture ed edilizia; piano per il Sud; riforma dell’architettura costituzionale dello Stato.
Questa l’agenda Berlusconi, in parte già attuata con il decreto legge di agosto 2011, manovra da 60 miliardi che ha anticipato il pareggio di bilancio al 2013, e con il maxi-emendamento alla Legge di Stabilità dell’11 novembre sempre del 2011. Dei contenuti e della serietà di questa agenda però i mercati se ne sono bellamente infischiati. Evidentemente il problema non era rigore e riforme, ma, come abbiamo detto tante volte, la fragilità dell’euro. Ma per la congiura mediatico-politica Berlusconi se ne doveva comunque andare e doveva arrivare Monti con i suoi tecnici. Così era scritto e così è stato fatto. Ricordiamo tutti le telefonate di Angela Merkel al Colle più alto.
E il salvifico Monti, nel suo programma di governo, non può fare altro che assumere totalmente l’agenda Berlusconi, con un’unica variante, dettata dal peggioramento congiunturale, di un’ulteriore manovra correttiva dei conti per 63 miliardi di euro, nel triennio 2012-2014. Manovra che qualunque governo in quel momento avrebbe fatto. Dal 2008 al 2011 il governo Berlusconi ha varato 4 manovre di finanza pubblica per 265 miliardi. Totale, 328 miliardi di euro per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013. Il governo Berlusconi ha contribuito per l’80% al conseguimento dell’obiettivo, il governo Monti per il restante 20%. Il resto è propaganda.
Con le sue luci e le sue ombre, è questa l’agenda che l’Italia sta seguendo, declinata in negativo - per eccesso di zelo e per una certa qual sudditanza e voglia di accreditarsi nei confronti dei poteri forti - dal governo Monti. Con l’aumento di almeno 3 punti della pressione fiscale, in gran parte dovuta alla tassazione sulla casa; con una cattiva riforma del mercato del lavoro; con una riforma delle pensioni che sta producendo più costi che benefici; e con la confusione mentale che sfiora il ridicolo in tema crescita.
Come volevasi dimostrare, dunque: la mitica, e risolutiva per tutti i guai, agenda Monti non è altro che un mix tra il rigore, le riforme e gli impegni per ulteriori riforme ereditati da Berlusconi e le cattive misure e l’overshooting fatti da Monti, questi sì, con la pistola puntata alla tempia dalla Merkel ( pressione fiscale e pensioni), dalla Cgil e dalla Fiom (mercato del lavoro). Il resto sono chiacchiere, pelose e interessate dei media, dei poteri forti e dei poteri burocratici ormai al governo. Il tutto avvolto da una tragicomica bolla mediatica di consenso, a livello nazionale e internazionale. Ancora una volta, «a prescindere».
Piccola digressione: negli ultimi anni l’Italia ha vissuto dentro due bolle: una di pregiudizi e demonizzazioni contro Berlusconi, indipendentemente dai dati di fatto e dalle cose realizzate dal suo governo; e una tutta applausi, consensi, sorrisi e positività che fin dall’inizio ha baciato il governo Monti. Per la prima Berlusconi ha portato l’Italia al disastro; per la seconda Monti l’ha salvata. Non è vera né l’una né l’altra.
Infatti, i risultati della politica economica di Monti sono sotto gli occhi di tutti: recessione, recessione, recessione. Che significa -2,5% di Pil nel secondo trimestre 2012; 10,7% di disoccupazione ad agosto 2012; inflazione al 3,2% a settembre 2012 e pressione fiscale al massimo storico del 45%. Significa uccisione dei consumi delle famiglie, blocco degli investimenti privati e pubblici, chiusura delle imprese e licenziamento dei lavoratori, che distruggono la capacità produttiva e competitiva del Paese, causando un’isteretica uccisione anche della crescita potenziale. Significa, infine, bloccare la trasmissione della politica monetaria che Mario Draghi ha cercato di far convergere progressivamente verso l’impostazione espansiva adottata dalle altre banche centrali mondiali per uscire dalla crisi.
Riassumendo: il rigore e il pareggio di bilancio vengono dal governo precedente, mentre appartengono al governo Monti, anche per suo stesso riconoscimento, le inutili e masochistiche medicine amare che stanno producendo la più grande recessione dal Dopoguerra nel nostro Paese. Si aprono, a questo punto, due grandi opzioni per le forze politiche che tra pochi mesi saranno in campagna elettorale: o il rigore e la crescita (agenda Berlusconi, libero dal conservatore Tremonti) o il rigore e la recessione, come prosecuzione dell’attuale politica economica.
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