C' è una pesante «zavorra fiscale» sulla casa, aumentata del 200 per cento dal 2011 per la somma di Imu e Tasi, la «doppia patrimoniale» incubo dei costruttori. Nel settore dell'edilizia si sono persi 800mila posti di lavoro negli ultimi 7 anni e sono fallite 14.200 imprese.
A fornire i dati allarmanti è una ricerca dell'Associazione nazionale dei costruttori: 3 anni fa il gettito Ici era di 9 miliardi di euro, ma nel 2014 il prelievo Imu più Tasi è arrivato a 25 miliardi. Dall'inizio della crisi gli investimenti nel settore sono diminuiti di 58,8 miliardi, tornando ai livelli del 1967. Addirittura i permessi di costruire sono ormai ai livelli del 1936.
«Siamo all'anno zero - dice il presidente dell'Ance, Paolo Buzzetti-: da qui o si riparte o non ci si risolleva più. Nonostante alcuni provvedimenti normativi, la situazione è drammatica e serve una svolta». Le risorse ci sarebbero, aggiunge il numero uno dei costruttori, se il governo varasse il provvedimento «Sblocca Italia» con i 5 miliardi aggiuntivi da qui al 2015, stanziati ma non ancora utilizzati: 3,8 per le scuole, 1,6 per il rischio idrogeologico e 1,2 miliardi per le opere incompiute. Per non parlare del fatto che non si riescono a spendere i fondi europei: 50 miliardi.
Se non si cambia, e subito, si rischia un ulteriore calo degli investimenti del 2,4 per cento. «L'edilizia - dice Buzzetti - può dare un contributo positivo per far ripartire l'economia, ma dev'essere messa in condizione di farlo, altrimenti chiudiamo. Sul fronte delle opere pubbliche, gli investimenti devono essere messi fuori dai vincoli del Patto di stabilità. Con la presidenza italiana della Ue, abbiamo un'occasione favorevole. Finalmente anche in Europa si torna a parlare di crescita, più che di austerità».
Alla presentazione del rapporto dell'Osservatorio congiunturale sull'industria delle costruzioni, c'è anche il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Maurizio Lupi. Assicura che del decreto Sblocca Italia parlerà venerdì con il collega dell'Economia, Pier Carlo Padoan e proporrà di introdurre una percentuale certa del Pil destinata alle infrastrutture.
Ma i costruttori sono stanchi e sfiduciati per le troppe promesse non mantenute, forniscono la prova che ci sarebbe un'inversione della tendenza se, invece di abbattere sulla casa tasse sempre più pesanti, si puntasse sugli sgravi fiscali.
Dal rapporto Ance risulta, infatti, che arriva a 22,9 miliardi nel 2013 e 8,2 miliardi nel primo quadrimestre di quest'anno il giro di affari legato agli incentivi fiscali per interventi di recupero e riqualificazione energetica degli edifici.
A questo si aggiungono timidi segnali di ripresa nel mercato immobiliare. Secondo l'Ance, nei primi 3 mesi di quest'anno le compravendite residenziali sono aumentate del 4,1 per cento rispetto allo stesso periodo del 2013. Particolarmente positiva è la ripresa nei comuni capoluogo, con il +8,8 per cento, ma nei piccoli comuni la crescita si ferma all'1,7. Il fatto è, denunciano i costruttori, che sulla prima casa la Tasi «non garantisce una riduzione del prelievo rispetto all'Imu»; sulle seconde case sfitte è aumentato il prelievo con la reintroduzione dell'Irpef dal 2013; sull'invenduto delle imprese edili, dopo la cancellazione dell'Imu è stata reintrodotta «una patrimoniale speculare, la Tasi, con il paradosso di una tassa sui servizi che incide su immobili che non usufruiscono di alcun servizio». Per le aree destinate all'edificazione, infine, è prevista per la vendita una perfetta duplicazione del prelievo: Imu più Tasi.
Buzzetti accusa anche le banche di non fare la loro parte: «Devono dare soldi alle imprese per gli investimenti e alle famiglie per l'acquisto della casa.
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