L'aut aut del Pdl per evitare la crisi

Schifani avverte il Pd: "La legge Severino dev'essere valutata dalla Consulta o stop al percorso comune"

L'aut aut del Pdl per evitare la crisi

dal nostro inviato a Rimini

Un messaggio, un monito, per qualcuno un vero e proprio aut aut. Renato Schifani, pur non essendo nel programma del Meeting 2013, accoglie un estemporaneo invito di Maurizio Lupi e decide di concedersi una visita agli stand riminesi. La sensazione immediata è che, dopo aver letto nei giorni scorsi con qualche perplessità la nota di Giorgio Napolitano sulla situazione giudiziaria di Silvio Berlusconi, abbia qualche sassolino da togliersi e qualche messaggio da inviare sia al Colle che agli alleati di governo. Un avviso ai naviganti che faccia chiarezza sulla posizione del Pdl - l'affondo è naturalmente concordato con Berlusconi - e sgombri il campo da possibili equivoci, dopo la sortita di Enrico Letta, da molti interpretata come un «morbido» tentativo di ridurre il problema dell'eliminazione per via giudiziaria del leader del centrodestra a «caso personale».

«Per noi tutto si tiene: se ci sarà una chiusura pregiudiziale del Pd sul percorso di approfondimento sulla legge Severino che chiediamo per noi sarebbe impossibile parlare di un percorso comune», spiega Schifani, riferendosi al voto in Giunta al Senato sulla decadenza di Berlusconi da senatore. «Noi non intendiamo barattare legalità per altro ma intendiamo fare in modo che la legge Severino sia valutata dalla Consulta». «Noi siamo perché il governo vada avanti ma vogliamo» che avvenga «in una logica di pacificazione e invece notiamo che dal Pd ci sono gravi ombre su questa pacificazione. Napolitano e il Pd si devono rendersi conto che il momento è delicato. Sono quesiti che meritano un approfondimento. Noi chiederemo che ne discuta la Corte costituzionale», ma se il Pd sarà contrario, avverte il capogruppo Pdl al Senato, «anche noi assumeremo le nostre scelte, cioè prenderemo atto della impossibilità di un percorso comune», anche perché quale «serenità può esserci sulle riforme costituzionali all'indomani di un voto che priverebbe l'Italia della rappresentanza di milioni di elettori?». Schifani sospende anche ogni possibile partecipazione del Pdl a uno sprint settembrino per la riforma della legge elettorale. «Posso condividere la fretta di Letta se si riferisce al recepimento dei rilievi della Corte costituzionale, altrimenti non ne comprendo le motivazioni», dice Schifani per il quale un'intesa è tutt'altro che vicina. «Tra Pd e Pdl le distanze rimangono. Noi siamo per mettere in sicurezza l'attuale legge. E diciamo no al ritorno del Mattarellum».

La linea dettata da Schifani viene sposata in pieno anche dalle cosiddette «colombe» del Pdl. Nei contatti avuti alla vigilia, infatti, l'ex presidente del Senato condivide con Maurizio Lupi l'intenzione di lanciare la proposta di sottoporre la legge Severino al vaglio della Corte costituzionale e incontra il pieno consenso del ministro delle Infrastrutture. Una strada alternativa che consentirebbe di svelenire il clima, allungare i tempi e favorire realmente una riflessione su una norma sulla quale molti giuristi, da Mangia a Capotosti, da Zanon ad Onida, sollevano aperte perplessità per lo svuotamento di fatto dell'autonomia del Parlamento e la cancellazione dell'impossibilità per i poteri esterni di incidere sulla composizione delle Camere.

Una risposta forte data anche a coloro che, fuori e dentro il Pdl, hanno sostenuto con interviste e dichiarazioni la tesi del mantenimento da parte di Berlusconi del

ruolo di leader, anche fuori dal Parlamento. Una sortita considerata poco opportuna e strategicamente sbagliata dalle parti di Arcore. E che ora Schifani, con il concorso di tutte le anime del Pdl, ha provveduto a correggere.

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