«Siamo qua pacificamente ma non siamo dei fessi: o tornano a casa subito e qualcuno chiede scusa o andiamo a tirarli fuori noi. Magari occupando le prefetture». Tanto per capirci. E per capirli subito. Non ha ancora messo il piede sul primo gradino del palco allestito nell'angusta piazza dei Signori, qui a Verona, giusto alle spalle di quella piazza delle Erbe, perennemente affollata di turisti, che già Matteo Salvini, con aria serena, anzi, serenissima, «spara» il suo primo botto contro quello Stato che continua a sbagliare obbiettivo e contro quella la magistratura che, con «altrettanta, esagerata solerzia» ha messo in atto la clamorosa retata che ha portato all'arresto di 24 indipendentisti veneti.
Ci fosse bisogno di precisare ulteriormente il suo pensiero il segretario della Lega Nord insiste: «C'è solo una cosa da fare: liberarli subito. Le galere sono fatte per i delinquenti e per i mafiosi, non per i padri e le madri di famiglia. Gli investigatori non hanno trovato nemmeno una fionda e sfido chiunque a chiamare carro armato quella ruspa spara supposte. Siamo qua per difendere la libertà di pensiero e di parola. La scelta della Lega è una scelta non violenta. Dopo questa manifestazione a Verona mobilitatevi tutti per il 25 Aprile: sarà la festa di San Marco, sarà la festa della nostra liberazione, vogliamo discutere di politica senza galera in mezzo. Questa è un'indagine sbagliata con milioni di euro spesi per trovare una ruspa». Poi chiama sul palco figlie, mogli e padri degli incarcerati per mostrare alla gente chi sono i parenti di quelli che lo Stato considera terroristi. Pochi minuti dopo tocca al governatore del Veneto Luca Zaia sottolineare l'identità della regione e del suo popolo. Con una stilettata contro le istituzioni del governo centrale. «In questa piazza vediamo la bandiera dell'Italia, vediamo quella dell'Europa, ma quella del Veneto è stata precipitosamente tolta. Io penso che sia grave che sia stata tolta la bandiera del Veneto. Perché chi si vergogna di esporre la bandiera del Veneto non ha diritto di restare in Veneto. La nostra non è la bandiera di terroristi e sovversivi è la bandiera di 1100 anni di storia. I giornalisti ci chiedono perché adesso la mettiamo giù così dura e ci ribelliamo, ebbene io rispondo loro e dico a tutti che i nostri problemi sono chiari: siamo una periferia dell'impero che ne ha piene le palle dello Stato centrale e di Roma e allora noi per dare un senso a questa assemblea dobbiamo dire che l'indipendenza non è un fatto di partito, ma di un popolo». Poi l'appello all'unità leghista e venetista: «È ora di mettere insieme tutti i nostri movimenti e di fare una grande manifestazione. Da soli si fa prima, ma assieme faremo molta più strada. Non possiamo accettare che dia fastidio tutto ciò che facciamo qui in Veneto tranne i 21 miliardi di tasse che ogni anno mandiamo a Roma. Quelli non li fanno schifo», conclude, tra gli applausi Zaia.
Ma il palco di piazza dei Signori riserva spazio anche per un'incursione a sorpresa del leader storico, il Senatur Umberto. «In Lombardia - dice Bossi - abbiamo capito che non hanno messo in carcere solo qualche veneto ma tutto il Veneto. Senza la Liga veneta non ci sarebbe stata quella spinta che ci serviva a suo tempo. Noi della Lombardia dovevamo quindi venire qui a ringraziarvi e ad abbracciarvi, fratelli veneti. Non riusciranno nel loro sporco progetto di tenere schiavi i popoli, è arrivato il momento di cambiare pagina e la cambieremo. Veneto libero». Poi, sciogliendo la manifestazione, il segretario Salvini invita i militanti a non cedere ad alcuna provocazione degli attivisti dei centri sociali e No Tav che già avevano tentato di entrare in piazza ma erano stati respinti dalla polizia. «Tenete gli occhi aperti perché il diritto di resistere alle leggi ingiuste è un diritto e un dovere di ogni cittadino. Intanto raccogliamo cinquecentomila firma per cancellare le prefetture e mandiamo un po' di gente a lavorare. Noi non diamo ultimatum ma tenetevi pronti perché il 25 Aprile festeggeremo la liberazione e vedremo di essere in ogni piazza del Veneto».
Tutti a casa. Ma, non propriamente a torto, all'Antico Caffè Dante, locale storico di Verona che si affaccia proprio su piazza dei Signori, sono inferociti.
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