Legami col regime, guerra di rivelazioni

Buenos Aires Non sono bastate testimonianze e dichiarazioni ufficiali. In Argentina divampa la «guerra di documenti» sui rapporti di Papa Francesco durante la passata dittatura. In particolare sul suo controverso ruolo, nel sequestro, il 23 maggio del 1976, dei due giovani gesuiti Francisco Jalics e Orlando Yorio, e la loro liberazione il 23 ottobre successivo. Nemmeno la nota scritta di Jalics ferma l'ondata di rivelazioni e controrivelazioni. Il gesuita ieri l'ha ribadito: «Non fummo denunciati da Bergoglio».
Martedì, il quotidiano Clarin, acerrimo avversario del governo della presidenta Kirchner, ha diffuso in esclusiva il video della testimonianza di quattro ore, l'8 novembre del 2010, in un processo per i crimini contro l'umanità avvenuti nella famigerata scuola Esma, in cui Padre Bergoglio, al di là di delineare i suoi colloqui con esponenti dei vertici del regime, tra cui l'ammiraglio Emilio Massera, responsabile dell'Esma, ha appunto parlato del sequestro dei due gesuiti, ammettendo solo che i militari «avevano esercitato una certa violenza nei confronti dei sacerdoti impegnati sul fronte dei poveri». In pratica ribadendo che non aveva nulla a che fare con il loro sequestro, mentre si era adoperato per la loro liberazione. Insomma respingendo le accuse del giornalista Horacio Verbitsky. Che, in un libro, sostiene invece che ha dato più o meno «via libera» a tale azione dei militari. Affermazione ribadita il 17 marzo scorso. E subito smentita dal Vaticano che ha definito «anticlericale e di sinistra», il quotidiano Pagina/12 che ha pubblicato il suo articolo. Ebbene, sempre Pagina/12, ieri ha pubblicato un comunicato dei figli di Emilio Mignone, il predecessore di Verbitsky alla guida del Cels, un organismo per i diritti umani. In cui riportano i passi del libro del padre in cui parla della sue indagini sul sequestro dei due gesuiti, avviate perché con loro era stata anche sequestrata la figlia Monica che voleva farsi suora. Mignone sostiene di essere stato lui ad ottenere che Jalics e Yorio fossero liberati. In pratica è in atto un braccio di ferro fra le sempiterne fazioni del peronismo, poiché Bergoglio, ancor prima della dittatura è stato un militante di Guardia de Hierro, un gruppo ultranazionalista che si è sanguinosamente battuto contro i guerriglieri peronisti Montoneros, di cui Verbitsky ha fatto parte. Vari loro ex, secondo gli oppositori, in particolare i peronisti dissidenti, farebbero parte ora dei quadri del governo di Cristina: compreso il giornalista di Pagina/12, che ne è consulente.
Insomma un confronto di politica interna.

Che, ora, la presidenta punta a diluire attraverso Bergoglio. Tanto che ha portato a Roma un'avvocata amica di Papa Francesco che non solo nega le accuse contro di lui, ma si sarebbe adoperata per organizzare il loro lungo pranzo di oltre due ore.

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