E ora ci prova Gianni Letta. Quando il gioco si fa duro, diceva John Kennedy, i duri cominciano a giocare. Dunque tocca a lui, all'Eminenza Azzurrina, al principe dei diplomatici, riprendere uno straccio di dialogo con il Colle. Sulla carta, una mission impossible. Però, chissà. Telefonate, contatti, voci di un faccia a faccia, che il Quirinale non conferma e il Pdl non smentisce. Comunque a fine giornata il canale è riaperto e il barometro politico torna verso l'alto. Sarà un caso, ma al Senato nella giunta per le elezioni i tempi si sono già allungati.
Una piccola schiarita, dopo i tuoni e fulmini delle ultime 24 ore. Reggerà? Riuscirà Gianni Letta a concludere con successo l'«ultima mediazione» con Giorgio Napolitano? Ma è davvero l'ultima? E davvero si pensa che la soluzione possa uscire dal Quirinale? Il capo dello Stato, spiegano sul Colle, a certe condizioni può pure graziare il Cav, ma certo non può cancellare l'interdizione perché «non esistono gli strumenti». Insomma, «la clemenza è una cosa, l'agibilità politica un'altra»: il presidente della Repubblica non può intervenire sulla pena accessoria.
Concetti che Napolitano ha chiarito da giorni e che ripete a quanti, tra le colombe del centrodestra, riescono a contattarlo nelle ultime ore. Argomenti giuridico-istituzionali, accompagnati da una preoccupazione politica sulla situazione del Paese. «Tutti questi strappi danneggiano l'Italia». Il crollo in Borsa dopo le voci su un'imminente crisi di governo hanno provocato un allarme rosso sul fronte dello spread e dei conti pubblici.
Una crisi che Napolitano conta ancora di evitare: il capo dello Stato spera che il Cavaliere stia soltanto alzando la posta e che non arrivi a far saltare tutto. L'ottimismo presidenziale è forse soltanto di bandiera, però trova sfogo nelle parole di Enrico Letta al G20 di San Pietroburgo: «Silvio Berlusconi è il leader di uno dei partiti che sostengono il governo. I quattro mesi di lavoro e di risultati che abbiamo alle spalle dimostrano che possiamo stare insieme». Il premier non mette quindi in discussione il ruolo del Cav: come ha già messo nero su bianco Napolitano nella nota del 13 agosto, qualunque cosa succeda, ovunque sconterà la pena, rimarrà il capo «indiscusso» del centrodestra. Del resto durante le consultazioni Re Giorgio ha ricevuto Grillo e persino il guru Casaleggio, che formalmente non aveva ruolo in M5S: perché allora - giudice di sorveglianza permettendo - non dovrebbe mantenere rapporti con il leader del principale partito italiano? È sufficiente come «agibilità politica»?
Quindi Letta for ever, larghe intese necessarie. Semmai, nel caso, è pronto il piano B. Se venerdì, durante la riunione degli stati generali del centrodestra, Berlusconi decidesse di rompere e di ritirare la delegazione del Pdl dall'esecutivo, il premier dovrebbe essere spedito alle Camere a cercare una nuova fiducia. E comincerebbe da Palazzo Madama, dove in teoria senza Pdl non c'è maggioranza ma dove in pratica Letta spera nella pattuglia di grillini dissidenti, in qualche smottamento nel centrodestra, nella paura diffusa di perdere il seggio. Senza dimenticare i quattro nuovi senatori a vita: che saranno mai una decina di voti?
Nascerebbe un Letta-bis con il compito di tenere d'occhio i conti e di modificare il Porcellum.
Napolitano l'ha detto più volte: con l'attuale sistema, che non garantisce governabilità, non si può più votare. Intanto avanti con il Letta 1: il capo dello Stato convoca il vicepresidente del Csm Vietti, riceve i ministri Moavero e Carrozza e prepara le prossime mosse.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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