Politica

L'Ilva chiude, in 5mila a casa. E Vendola finisce indagato

Addio stabilimento di Taranto, la magistratura mette le manette ai vertici Il governo: "Chi ha fermato tutto è responsabile dei rischi". Il leader di Sel nei guai per il caso Miulli e per le nuove intercettazioni. Oggi si sciopera

Il governatore della Puglia, Nichi Vendola
Il governatore della Puglia, Nichi Vendola

Il patto «d'acciaio» di Nichi Vendola e le primarie del Pd con l'Ilva di mezzo. Sui miasmi politici e ambientali del polmone (malato) siderurgico di Taranto di cui è stata ieri annunciata la chiusura (che prevede l'allontanamento di 5mila operai), e sulla cui vicenda il governo ha convocato le parti sociali (con il ministro dell'Ambiente Clini che accusa la magistratura: «assurdo chiudere gli impianti»), su quei miasmi, appunto, la procura della città dei due mari punta in alto. E a sorpresa si ritrova a intercettare il governatore pugliese, a trascrivere negli atti il nome di Bersani, a inguaiare deputati e senatori democratici oltre che l'ex assessore all'ambiente di partito. Nell'indecisione di indagare o meno il presidente della Regione Puglia i pm decapitano i vertici dell'impianto siderurgico (domiciliari-bis per il patron 86enne Emilio Riva e detenzione in carcere per il vicepresidente Fabio Riva, indagati l'attuale numero uno ed ex prefetto candidato a sindaco di Milano col Pd, Bruno Ferrante, e il suo predecessore, Nicola Riva, già agli arresti casalinghi dal luglio scorso) e corrono dritti al terzo livello, appunto quello politico-istituzionale. Personaggio cardine dell'inchiesta sembrerebbe essere Girolamo Archinà, responsabile per le relazioni istituzionali dell'azienda. Intanto i sindacati di categoria Fim, Fiom e Uilm che hanno proclamato lo sciopero di 24 ore dei lavoratori di tutto lo stabilimento a partire dalle ore 7 di oggi. Per il gip sono infatti «numerosi e costanti contatti di Girolamo Archinà direttamente, e di Fabio Riva, indirettamente, con vari esponenti politici tra cui il governatore della Puglia Nichi Vendola». Del quale il giudice Patrizia Todisco individuerebbe la «regia» nelle «pressioni» per «far fuori» il direttore generale dell'Arpa Puglia, Giorgio Assennato, protagonista di un duro braccio di ferro con la multinazionale dell'acciaio. Vendola, che alla luce delle telefonate trascritte agli atti si ritrova in una posizione a dir poco imbarazzante, proprio ieri ha ricevuto un avviso di garanzia bis sottoforma di avviso di proroga indagine nell'ambito dell'inchiesta sull'ospedale Miulli di Bari. Gli indagati veri e propri sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere, disastro ambientale e concussione per aver cercato di pilotare e ammorbidire le analisi sul livello di inquinamento prodotto. Le relazioni tecniche - secondo l'accusa - dimostrerebbero che l'Ilva non ha mai smesso di produrre e di immettere nell'aria sostanze velenose provocando un «gravissimo pericolo per la salute pubblica e dei lavoratori, contaminazione di terreni ed acque». E questo nonostante le ripetute iniziative a tutela dell'ambiente promosse da Enti locali e azienda che il gip definisce «grossolana presa in giro». La diossina c'era prima, e ha continuato ad esserci anche dopo la legge anti-diossina voluta da Vendola simile alla tela di Penelope perché autorizza di notte ciò che vieta di giorno. È il 19 dicembre 2008 quando la Regione vara un testo normativo che «obbliga» l'Ilva ad abbattere le esalazioni nocive, scendendo dai 7 nanogrammi di diossina per metro cubo emesse con la produzione a pieno regime ai più «tollerabili» 2,5 nanogrammi per giungere, in un anno, alla soglia dettata dall'Ue, di 0,4 nanogrammi. Il governatore sbandiera la nuova legge come un'eccezionale conquista ambientale. In realtà di lì a tre mesi la Regione tira fuori il bianchetto e vara una norma correttiva di «interpretazione autentica» della legge precedente che sa di revisione. Anzitutto, il termine per l'assestamento delle emissioni a 2,5 nanogrammi slitta a giugno 2009 invece che ad aprile. L'inganno è dietro l'angolo come ricostruito da Carlo Vulpio nel coraggioso libro La città delle nuvole: la norma correttiva della Regione elimina il campionamento continuo delle emissioni nocive (unica garanzia per i cittadini). Il monitoraggio è ridotto a tre fasi, a settimane alterne e solo nelle 8 ore di giorno. Una farsa. I cronisti locali ricordano un raggiante Vendola con Fabio Riva all'inaugurazione di un impianto di aspirazione polveri. Fino a due anni fa Nichi accostava il «modello Ilva» all'«ambientalizzazione della produzione». Era amore. Poi, a maggio, come spesso gli accade, il suo sesto senso giudiziario gli consiglia di interrompere l'idillio e di infierire sui Riva accusandoli di essere i mandanti dell'attacco confindustriale alla sua giunta.

Fa sempre così, il Sommo intercettato: attacca sempre poco prima di essere attaccato. Ma come fa?

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