L'imboscata (fallita) di Lucia Annunziata

Giorni fa qualcuno della redazione dell'Annunziata tele­fona al Giornale: "Manderemmo una troupe per una breve intervi­sta o una sua dichiarazione sul tema: cosa non le piace di Berlusconi?". Ri­fiuto di intervenire, sento puzzo di bru­ciato...

L'imboscata (fallita) di Lucia Annunziata

Un piccolo retroscena. Giorni fa qualcuno della redazione tele­visiva di Lucia Annunziata tele­fona al Giornale. Risponde la segrete­ria, che poi mi riferisce: «Manderebbe­ro qui una troupe per una breve intervi­sta o una sua dichiarazione sul tema: cosa non le piace di Berlusconi?». La proposta non mi garba; ciò che non mi va e ciò che eventualmente mi va del Cavaliere lo scrivo quando voglio. Ri­fiuto di intervenire, sento puzzo di bru­ciato. E non ci penso più, finché vener­dì sera, su Rai 3, non inizia il program­ma, Leader .
Immediatamente, mi rendo conto di aver fatto una buona scelta. Convie­ne sempre stare lontani dai luoghi- stu­di tv e osterie - in cui è probabile che scoppino risse, sia pure verbali: gente che urla e strepita, voci che si sovrap­pongono, esibizioni di cattiva educa­zione. L’Annunziata è una brava gior­nalista a prescindere dalla sua foga ide­ologica, ma la conduzione televisiva non è il suo forte: il cosiddetto dibattito le sfugge di mano, non riesce a placare gli animi, ciascun partecipante proce­de per i fatti suoi, desideroso solo di so­verchiare gli altri, e non ascolta, ma pre­tende di farsi ascoltare. Risultato, una bolgia chiassosa.
L’ospite era Silvio Berlusconi, non una mammoletta qualunque. Un’occasione d’oro per rivolgergli domande, anche le più imbarazzanti per lui. Ci aspettava­mo, pur nella generale confusione, che emergesse qualche concetto, ma­gari si sviluppassero polemiche ap­passionanti. Niente di tutto ciò: un pollaio, una gabbia di matti con al centro Lucia incapace di dirigere il traffico.

Povera donna, faceva financo pe­na. Aveva disposto un plotone di ese­cuzione per fucilare il Cavaliere e non era in grado neanche di ordinare: fuo­co! Peggio. Ha provato spesso a dare dei comandi ai fucilieri, ma loro non le hanno mai ubbidito. Anzi, più lei si dannava l’anima affinché la soldata­glia premesse il grilletto, più aumen­tava il caos. Non è stato sparato un col­po se non a salve. Pareva di assistere alle riprese del famoso spot della Tele­com: una telefonata ti allunga la vita. Udire tutta quella gente schiamazza­re­per impedire all’ex premier di argo­mentare, induceva al riso. Per un po’. Il casino, se vogliamo, è spettacolare e incuriosisce, quando è breve. Ma due ore di caciara sono troppe da sop­portare.
L’intento dell’Annunziata forse era quello di organizzare un bel processo staliniano, e le premesse perché si ce­lebrasse alla grande c’erano tutte: i personaggi convocati quali testimo­ni di accusa erano potenzialmente al­l’altezza, ma il presidente del «tribu­nale » ha fallito. C’era Roberto Perot­ti, professore di economia alla Bocco­ni, che non ha avuto l’opportunità di chiudere una frase in maniera com­prensibile, sovrastato com’era dalle intemperanze degli altri «testimoni», fra i quali svettava Maurizio Landini, che nell’arte di berciare azzerando i propri interlocutori è un autentico fe­nomeno. Al sindacalista della Fiom ha tenuto testa per mezz’ora il diretto­re di Europa , Stefano Menichini, che poi, frastornato, ha ceduto. E grazie al cielo, almeno lui, non ha più aperto bocca.
Nonostante la babele, si è intuito che all’ordine del giorno c’erano: il condono, i posti di lavoro, le donne e i gay, l’amnistia e naturalmente l’Imu. Nessuno dei presenti ha avuto l’abili­tà di articolare una domanda di senso compiuto, tranne un giornalista tede­sco piccato e saccente, Udo Gumpel, il quale ne ha formulato una talmente interessante che non la ricordo. Per il resto, è stato come fare quattro passi in un brutto girone dell’inferno dante­sco. All’Annunziata mancava solo il forcone per essere una perfetta diavo­lessa. Sarà per un’altra volta.
E Berlusconi? Un miracolo che ab­bia resistito sino al termine. È proprio vero che invecchiando si diventa più tolleranti.

In altri tempi lui se ne sa­rebbe andato, sbattendo la porta, per­dendo qualche voto ma guadagnan­do in salute. Se questa è la politica, ha ragione Guido Ceronetti: «Una gara elettorale veramente illuminata si fa soltanto tacendo».

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