L'impresa senza sindacati fa utili record

L'azienda di Massimo Cobol fattura 21 milioni di euro: 10mila juke box di cibo e bevande distribuite tra Puglia, Campania, Calabria. Il manager: "Punto sulla qualità della relazione coi lavoratori"

L'impresa senza sindacati fa utili record

A Bruxelles fu il migliore con la pistola. Nel senso dei Giochi militari. Primo nel tiro. Massimo Cobol oggi tira ma di conto, la sua azienda fattura 21 milioni di euro, macchine distributrici di bevande e affini, snack e frutta fresca. Ospedali, caserme, uffici, scuole, municipi, aziende pubbliche e private, 10mila juke box di cibo e bevande distribuite tra Puglia, Campania, Calabria, un mercato in crescita, denaro contante, fresco, immediato, senza binari morti, ricatti, supporti bancari.
Cobol non è cognome barese, nemmeno pugliese, semmai lo è quello della frizzante consorte, Carofiglio, Alessandra il nome, figlia dell'imprenditore Arnaldo, titolare della ditta che imbottigliava e distribuiva la Coca Cola nel Sud e decise, un giorno di passare il 50 per cento dell'azienda alla figlia e al genero tiratore.

I Cobol, dicevo, con l'accento sulla seconda «O» e non sulla prima, come si usa a Bari sempre (corso Càvour è un classico), vengono da Trieste. Qui nonno Giuseppe e suo figlio con lo stesso nome di battesimo, già direttore dell'Agip, vivevano prima di trasferirsi nella città di San Nicola: «A mio nonno fu assegnato l'ufficio di segretario generale della Fiera del Levante». Erano gli anni belli della manifestazione, unica per i commerci del Sud con il resto del mondo. L'altro ramo dei Cobol, sotto il fascismo, decise di italianizzarsi chiamandosi Cobolli e poi prendendo il titolo di Gigli. Il cugino di nonno Giuseppe, anch'egli di nome Giuseppe, fu ministro dei Lavori Pubblici di Mussolini, il Cobolli Gigli ex presidente della Juventus ha una sola affinità, anche Massimo Cobol è stato presidente di una squadra di calcio, il Victoria portata dalla Terza categoria all'Eccellenza ma con soldi propri, a fondo perduto. Massimo Cobol non ha mai avuto il pensiero di cambiare l'araldica di famiglia che per lui è sacra. Per rendere l'idea, il Cobol imprenditore, si trasforma in Babbo Natale, sul serio vestito, per i tre nipotini, li porta all'asilo e a scuola «ogni mattina della mia vita», ha coinvolto in azienda, il figlio Giuseppe, ci risiamo, la figlia Gaia e il genero Pier Sergio Bazzoni, ha regalato il 4 per cento delle azioni, di cui detiene il restante 96, a Dino Coppi «un ragazzo che ha creato con me la prima ditta». Erano i favolosi, si fa per dire, anni Settanta.

Massimo Cobol, riposta la pistola, venne assunto dal suocero alla Coca Cola: «Duecentocinquantamila lire il primo stipendio» roba piccola per chi aveva già l'acqua che gli andava per l'orto. Direttore commerciale stava scritto sul biglietto da visita. In verità aveva voglia di mettersi in proprio. Provò con un piccolo deposito e sei dipendenti, distribuzione di bevande calde e fredde e qualche snack per Bari e Taranto. Quando il suocero decise di liberarsi della Coca Cola, la vita di Massimo e Alessandra, prese la svolta. Nuova sede a Bari, quindi depositi a Francavilla Fontana, Citrignano di Aversa, in partecipazione (al 60%) a Cerignola, i dipendenti da 6 diventano 150, i metri quadrati da 300 a 2.000 coperti e 10.000 scoperti, il fatturato da 3 milioni di euro, anno 2001, ai 21 milioni di oggi (prima azienda di settore del Sud). Ogni volta che un cliente digita (chiamasi «battuta») la richiesta di un prodotto alla macchinetta la So.me.d incassa dai 35 ai 40 centesimi, i distributori sono 10mila, il cash è registrato direttamente in azienda da un sistema informatico, fate voi il conto. E i sindacati? Domanda inutile: «Mai avuto un problema, non ci sono rappresentanze sindacali, tutti guadagnano un salario notevole, nessuno calpesta i diritti dei lavoratori, mai un licenziamento, mai una manifestazione di protesta. Ho fatto costruire, in azienda, un campo di calcio in erba sintetica, il primo della Puglia, dotato anche di illuminazione, il rapporto con i nostri dipendenti è eccellente. La mia filosofia è rivolta alla qualità delle relazioni e dei nostri prodotti. Il nostro caffè viene torrefatto esclusivamente per noi, provvediamo a tostare il pane per gli snack, la frutta è di assoluto livello. Eppure».

Eppure ogni anno Cobol paga gli atti vandalici alle macchine, soprattutto nelle scuole: «Usano il piede di porco, devastano gli impianti per rubare 30, 40 euro. Una macchina distributrice costa 3mila e 500 euro e l'assicurazione non copre più. Ma non ho mai fatto ricorso al debito, alle banche, ho sempre provveduto a intervenire con il mio patrimonio personale». Cobol viaggia con il 740 appresso, lo esibisce ai finanzieri, ogni volta che viene fermato a bordo della sua automobile o della sua imbarcazione: «Lo faccio per dimostrare che non ho nulla da nascondere e che me lo posso permettere. Sa che cosa rispondono gli uomini delle fiamme gialle? Se facessero tutti come lei...». Il mercato non flette: «I costi di esercizio dei bar sono sempre più pesanti. Pensate che in Giappone l'80 per cento della distribuzione della Coca Cola avviene con le macchinette, proprio a causa dei costi di gestione e di lavoro. Lo stesso da noi, dove si va verso un cambiamento di abitudini. Potremo introdurre altri prodotti, come i parafarmaceutici, c'è spazio per crescere. Ma devi fare i conti con il sistema Paese. La soluzione? Innanzitutto abolire i privilegi acquisiti. Ho letto che qui a Bari, soltanto per i vitalizi a ex dipendenti di comune e provincia, partono 11 milioni di euro all'anno. Dobbiamo far lavorare chi ha un posto di lavoro». Non è un errore di stampa: «Ci sono due aziende a Bari che quotidianamente devono fare i conti con questa realtà: una ha 2mila dipendenti ma ogni giorno 500 risultano assenti; un'altra ne ha 900 ma 300 risultano “non presenti”. Come si fa a essere produttivi? Se lo Stato mi consentisse di assumere a tempo determinato, con alcune agevolazioni fiscali e dopo tre anni poter premiare chi è bravo con un contratto a vita, lo farei oggi. Chi ha la possibilità di punire gli incapaci?».

Massimo Cobol non ha questo problema, le sue macchinette distribuiscono e lui tira diritto. Come gli capitava con la divisa di ufficiale, a Bruxelles. Ma oggi senza pistola. Basta introdurre una moneta e la vita è bella.

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