L'intervista Lucio Pompili

«Tutto iniziò casualmente, dietro richiesta di un affezionato cliente, quasi quindici anni fa». Così ricorda Lucio Pompili, chef e patron del lussuoso e blasonato ristorante «Symposium Quattro Stagioni», a Serrungarina, sulle prime alture del Pesarese. Vulcanico precursore di modi e mode (dagli antipasti serviti in cucchiaio agli inizi degli anni Novanta, alla cucina a prodotto chilometro zero teorizzata oltre dieci anni fa), Pompili è stato il primo in Italia ad aver affittato le proprie cucine a gourmet desiderosi di mettersi alla prova dei fornelli. «L'idea rispondeva a una duplice necessità: da una parte il desiderio di valorizzare al meglio una grande materia prima (ricordo che in quel primo caso era dell'ottimo pesce) grazie agli strumenti tecnologici presenti in una cucina professionale e dall'altra l'innegabile comodità di non doversi poi preoccupare di pulire i piatti o lucidare le posate d'argento. Inoltre, ma questo l'ho capito solo dopo, l'affitto era anche l'occasione per lo chef per una sera di fare palestra di cucina. Coniai il motto "Sei un professionista? Ma non della cucina!": insomma una nuova sfida per chi voleva cimentarsi"».
Quali i consigli allo chef per una sera?
«La prima cosa è pensare ai gusti dei propri ospiti e in base a questo formulare il menu. Che deve essere nella classica scansione all'italiana. Tre o quattro aperitivi in virtù delle stagioni e del luogo, accompagnati da un Franciacorta o da uno Champagne. Poi un antipasto, un primo, un secondo e un dolce. Il successo lo si raggiunge in due fasi: prima nella ricerca della migliore materia prima (e qui il cuoco professionista può essere di grande aiuto, indicando i migliori produttori) e quindi nella costruzione di un menu che sia basato sulla spesa effettuata. Solo così l'ospite in sala avrà la percezione che la cena sia stata preparata con cura e che i piatti siano frutto di meditazione e non solo di estro momentaneo».
Come si gestisce la cucina di un ristorante?
«L'aiuto dello chef titolare è essenziale perché le differenze con una cucina casalinga sono molte. Ci vuole almeno una prova pomeridiana, perché non si può andare alla cieca. In un ristorante un errore, anche se piccolo, si moltiplica e porta al disastro. La carta vincente è l'organizzazione: solo questa consente la preparazione espressa delle pietanze».
Che piatti consiglia di cucinare?
«Visto che ci si mette in gioco lo si deve fare fino in fondo. Consiglio un menu di pesce perché richiede maggior fantasia e piatti più immediati. Si potrebbe iniziare con una catalana di crostacei, proseguire con una pasta fatta in casa (che mostra attenzione all'ospite), tipo gnocchetti di patate saltati con sugo di pesce di scoglio (un grande piatto, dai sapori classici e delicati, adatto a vini nobili e raffinati).

Come secondo penserei a un rombo con patate (con una fetta di pancetta e un pomodorino), cotto in cartoccio. Un piatto da cucinare espresso e da aprire in sala, davanti agli amici, così che sprigioni tutti i suoi aromi. Concluderei con un grande e goloso classico: un tortino al cioccolato. Il successo è assicurato!»

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