Sale Matteo Renzi, cala Enrico Letta. Il principale contendente alla segreteria del Pd e quasi certo candidato premier della sinistra coglie i frutti (per ora virtuali) di una sovraesposizione mediatica mentre il presidente del Consiglio paga pegno per le turbolenze degli ultimi giorni. Ma continua a ostentare sicurezza e a fare programmi di lungo termine. A registrare gli umori degli italiani è stata Swg con un sondaggio realizzato per Agorà Estate (Rai Tre). Il governo Letta ha perso sei punti percentuali in una settimana e 18 in quattro mesi. Gli italiani che ripongono fiducia nell'esecutivo sono il 25%. Letta in persona ha perso tre punti percentuali in una settimana. Esattamente quelli guadagnati da Matteo Renzi che si piazza in tesa al sondaggio (con il 50%) come politico più amato dagli italiani e stacca Letta, fermo al 40%. In calo (due punti in una settimana) anche il Capo dello Stato Giorgio Napolitano con la fiducia del 43% degli italiani (era al 61% a maggio).
Nonostante i consensi in calo, Letta è ottimista. Ieri per il secondo giorno di seguito ha sottolineato come la comunità internazionale ormai non consideri più l'Italia un rischio. «Non è più dietro la lavagna», ha assicurato il presidente del Consiglio parlando al secondo giorno di lavori del G20 a San Pietroburgo. Al vertice dei grandi, monopolizzato dalle sfide dell'economia e dalla Siria (ieri Letta ha incontrato il presidente Usa Barack Obama), nessuno ha chiesto delle fibrillazioni del governo. Del resto «c'è bisogno di un'Italia stabile, io lavoro in questa direzione», ha assicurato il premier. «Negli altri G20 ci avevano dato i compiti a casa perché eravamo stati malandrini», ma ora «non ci prendiamo più a bacchettate sulle dita, i compiti a casa li abbiamo fatti e ora c'è bisogno di vedere la terra promessa».
La ricetta di Palazzo Chigi resta quella di concentrarsi su piani di medio e lungo termine. Un'attenzione al merito che sa molto di politica. L'Italia, ha annunciato Letta, al G20 ha preso una serie di impegni: dal pagamento di tutti i debiti della Pa, all'estensione dei fondi di garanzia; dagli incentivi agli investimenti in capitale, al «tema chiave» di «Destinazione Italia» che comprende anche parte importante di «attrazione di investimenti e dismissioni» del patrimonio pubblico; per finire con la «semplificazione e il miglioramento della giustizia amministrativa e civile», e tante altre riforme. Poi bisogna ridurre il costo del lavoro. Abbattere il cuneo è «essenziale». «Lo abbiamo già fatto per il lavoro giovanile e - annuncia Letta - lo faremo nei prossimi mesi attraverso una discussione con le parti sociali dentro la quale il capitolo riduzione costi del lavoro è essenziale».
Piani di lunga scadenza, con buona pace di Massimo D'Alema che anche ieri (salvo smentite) ha rilanciato l'idea di un Letta bis con un compito delimitato di traghettatore. «L'idea di fare un altro governo raccogliendo qualche dissidente da una parte o dall'altra non mi sembra ragionevole, mentre un governo a termine, di scopo, che porti il paese alle elezioni eliminando il Porcellum sarebbe auspicabile».
Prossima tappa del governo, il pacchetto scuola che dovrebbe essere approvato al prossimo consiglio dei ministri, probabilmente già lunedì.
Un parte che riguarda il «diritto allo studio», e poi la stabilizzazione di insegnanti, soprattutto di sostegno, e personale Atam, cioè non docente.Provvedimento che dovrebbe toccare quasi 30mila persone. Non dovrebbe passare, per le resistenze del ministero dell'Economia, la soluzione dei cosiddetti «quota 96», circa 6mila «esodati» della scuola.
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